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Cronaca

L'uomo era ricercato dal 2018, quando il giorno prima della condanna all'ergastolo sparì nel nulla. Omicidi e criptovalute, è ritenuto molto pericoloso
2 minuti e 11 secondi di lettura
di Aurora Bottino
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GENOVA - Decine di documenti falsi (anzi veri, ma contraffatti con la sua foto), così come diversi telefonini, oltre 20 mila euro e un appartamento appena preso in affitto nel quartiere di San Teodoro. Sono solo alcuni degli ‘strumenti del mestiere’ di Pasquale Bonavota, latitante ‘Ndranghetista al secondo posto della lista dei ricercati più pericolosi d'Italia stilata dal ministero dell’Interno e considerato il primo ricercato del mondo della mafia calabrese.

Bonavota è stato arrestato a conclusione d indagini condotte dal Ros e dai Comandi provinciali dei carabinieri di Vibo Valentia e di Genova: è ritenuto responsabile di associazione mafiosa come promotore della cosca omonima rientrante nella struttura di 'ndrangheta di Sant'Onofrio.

Questa mattina le indagini, basate su una lunga serie di intercettazioni e utenze telefoniche, hanno portato i carabinieri nel Centro Storico di Genova, dove Bonavota passeggiava diretto verso via San Lorenzo. Un breve pedinamento con i militari che lo hanno seguito fino alla chiesa di San Lorenzo, dove l’erede del clan Bonavota è entrato e si è messo a pregare.

Tante persone, troppi occhi: i militari si sono avvicinati e con discrezione lo hanno fermato. “Non so se sono il Pasquale che state cercando”, ha detto l’uomo ai carabinieri.

Bonavota era l'unico soggetto rimasto in stato di latitanza dopo l'esecuzione dell'operazione Rinascita-Scott che il 19 dicembre 2019 ha portato all'arresto di 334 soggetti ritenuti appartenenti alle strutture di 'ndrangheta della provincia vibonese. Una volta fuori, l'uomo è stato consegnato a una pattuglia radiomobile e portato in caserma.

Nato a Vibo Valentia il 19 gennaio del 1974, Bonavota era sfuggito alle forze dell'ordine entrando in una vera e propria super latitanza nel 2018, un giorno prima della condanna all'ergastolo emessa dal gup distrettuale di Catanzaro al termine del processo celebrato con rito abbreviato nato dall’operazione "Conquista".

Un legame forte quello tra il boss e la Liguria, tanto che i carabinieri genovesi giusto a capodanno erano scesi a Sant'Onofrio per un blitz.

Ma soprattutto, a Genova viveva la moglie. Di mestiere insegnante, residente a Sampierdarena, dalle intercettazioni non sembrava aver nessun contatto con il marito, o almeno tramite telefono. Secondo i carabinieri però la donna sembrava essere al corrente di dove si trovasse il coniuge, che da qualche giorno aveva preso in affitto, tramite un'agenzia immobiliare, un appartamento nella zona di San Teodoro. 

Proprio li i carabinieri hanno trovato diversi abbonamenti dell’autobus, mezzo con cui si spostava per la città e che probabilmente aveva usato per arrivare da San Teodoro al centro storico, oltre a una grossa somma di denaro e un computer, ora sequestrato.  Non è ancora chiaro, però, se Bonavota stesse "lavorando" in Liguria. Al boss mafioso è stata notificato un'ordinanza di oltre 20 mila pagine.

 

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