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Cronaca

"Inviai richiesta ad aprile, ma Aspi rifiutò". Poi svela di una drammatica riunione a Genova del gotha di Aspi il giorno dopo il crollo, "Donferri per giustificarsi ci accusò di avere proposto controlli solo per avere appalto"
2 minuti e 41 secondi di lettura
di Michele Varì
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GENOVA - "Non monitorare il ponte fu una follia, con meno di 200 mila euro avremmo potuto installare un sistema di monitoraggio dinamico permanente capace di avvertire ogni vibrazione anomala del Polcevera, noi lo proponemmo nel 2016, ma Aspi, nella persona del direttore delle manutenzioni Donferri non accettò di installarlo. Non solo: pochi mesi prima del crollo, nell'aprile del 2018, proposti di controllare tutti i ponti".

Lo ha detto il teste al processo Morandi Domenico Andreis (nella foto a destra), ingegnere navale savonese (abitante a Genova) direttore del Cesi che aveva avuto il compito di analizzare i movimenti del Morandi: il tecnico nel parlare della possibile diagnosi più nefasta del controllo usa il termine di "morte" ossia il crollo del ponte.

Andreis rivela anche di una drammatica riunione svolta dal gotha di Aspi e Spea il 15 agosto del 2018, il giorno dopo la tragedia, negli uffici del primo tronco di Genova nei pressi del casello di Genova Ovest. Un faccia a faccia che Autostrade e Spea evidentemente avevano convocato per capire come difendersi dalle accuse per il disastro.

"Noi avevamo proposto un sistema di sensori dinamico permanente, ossia continuo, del ponte in presenza di fenomeni rapidamente variabili, vento, traffico, sisma, eccetera, ma non fu accettato. Quel controllo avrebbe permesso di acquisire informazioni su eventuali anomalie, sintomi".

Quel drammatico 15 agosto ci fu anche una pre-riunione in cui l'Ad di Aspi Castellucci - presente in aula - chiese a Andreis se la sua società aveva messo in atto il sistema di monitoraggio proposto da Cesi.

La spiegazione del perché Autostrade non aveva accettato quei controlli provò a fornirla, con affermazioni non granché convincenti, nella successiva riunione allargata, dall'architetto Michele Donferri, altro imputato eccellente, che per giustificare l'errore di non avere accettato il sistema di sorveglianza, fece affermazioni che offesero Andreis: "Disse che la nostra proposta era stata avanzata solo per fini commerciali, per acquisire un appalto". Un lavoro che in realtà nel bilancio di svariati miliardi di un'azienda come Cesi era assolutamente marginale.

Andreis nella sua lunga deposizione ha rimarcato il dialogo che i tecnici di Cesi avevano con l'ex direttore delle manutenzione di Aspi Mario Bergamo (uno degli imputati), un rapporto molto diverso da quello poi instaurato con il successore di Bergamo, l'architetto Michele Donferri.

Il tecnico Cesi, nel corso del controesame del pomeriggio, rispondendo all'avvocato Sarah Bignazzi, dello studio Accinni che difende l'ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci, ha detto che se avesse avuto sentore del rischio crollo del ponte si sarebbe rivolto direttamente a Castellucci infischiandosene della clausura di riservatezza che gli imponeva di non divulgare le notizie dei controlli svolti sulla rete autostradale, come aveva riferito rispondendo a una precedente domanda al proposito dell'avvocato Raffaele Caruso, difensore dei familiari delle vittime del Morandi.

Nel momento in cui scriviamo, alle ore 15.30, è ancora in corso l'esame del testimone Andreis, in linea teorica dopo di lui dovrebbero essere ascoltati altri tre testi di Cesi, dunque un'udienza quella di oggi, la prima dopo due settimane di pause, che rischia di concludersi a tarda serata visto che il presidente del collegio giudicante Paolo Lepri, anche per rassicurare le parti civili sui tempi del processo e il rischio prescrizione di alcuni reati contestati, ha detto che tenterà di portare a termine la lista dei testi programmati.