GENOVA - Dopo la sfilata dei big di ieri, quando in aula sono arrivati il top manager di Atlantia Mion, l'amministratore delegato Tomasi e il presidente Mari, oggi al processo Morandi si torna a parlare del degrado del viadotto e dei progetti di retrofitting che avrebbero dovuto mettere in sicurezza le pile 10 e 9 che hanno causato il crollo e che pur annunciati da decenni non sono mai stati avviati.
In aula oggi ci saranno tre tecnici di autostrade per l'Italia, Mauro Moretti, Andrea Santini e Gennarino Tozzi.
Moretti come già fatto quando è stato interrogato dalla guardia di finanza dovrebbe essere chiamato a rispondere sulle reti di protezione che erano state sistemate da anni sotto il ponte per la possibile caduta di calcinacci a causa del degrado della struttura, con lui si tenterà di capire anche il perché oltre alle reti non fosse stato applicato un prodotto di protezione all'armatura di acciaio della struttura come di solito viene fatto per rallentare il degrado provocato dall'ossidazione.
All'ingegnere Santini invece i pm chiederanno di illustrare alcuni lavori svolti sul viadotto, dalla sostituzione delle barriere new jersey di lamiera con altre di cemento molto più leggere pesanti e alla rottura dei sensori di monitoraggio provocati da alcuni lavoro svolti sull'impalcato. Santini però dovrà ricordare che lui nel 2017 era stato nominato responsabile dei lavori di retrofitting sulle pile 9 e 10, lavoro però mai avviati nonostante avrebbero potuto mettere in sicurezza il ponte ed evitate la tragedia.
Con Gennarino Tozzi, anche egli ingegnere che si occupava di lavorii, i pm parleranno della famosa riunione, chiamata induction, del 2010 in cui Autostrade informò la galassia Atlantis, compresi il braccio destro dei Benetton Mion, del problema di progettazione del ponte e del fatto che la sicurezza del viadotto veniva autocertificata da un'azienda satellite come Spea e non un ente esterno come auspicava lo stesso Mion.