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Cronaca

In aula il comitato del provveditorato del Mit che - a detta dell'accusa - a gennaio 2018 approvò il progetto di retrofitting con benestare del docente universitario Brencich, per questo imputato, che aveva parlato di degrado impressionante del viadotto
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di Michele Varì
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GENOVA -Il viadotto Polcevera nel gennaio 2018, otto mesi prima della tragedia, doveva essere chiuso, perché presentava un degrado "impressionante".

E' emerso al processo dalla testimonianza dei membri del Cta, il comitato tecnico amministrativo del provveditorato interregionale del Mit,  Livio  Montaquila, Margherita Papillo, Alessandro Pentimalli e Daniela Piccitto che - a detta dell'accusa - a gennaio 2018 validarono il progetto di retrofitting per le pile 9 e 10 con benestare di un docente universitario, Antonio Brencich (foto in alto a destra), che invece in una email inviata agli stessi dirigenti aveva parlato di degrado "impressionante" del viadotto.

I componenti del Cta invece di validare il progetto avrebbe dovuto inviare le carte del progetto al Consiglio superiore dei lavori pubblici, che aveva maggiori competenze a avrebbe fatto dei controlli per arrivare alla chiusura del viadotto Polcevera. Invece il Comitato approvò il progetto nonostante non molti membri non l'avessero neppure visionato, e non avevano neppure, Brencich, escluso, le competenze per giudicarlo.

Proprio per quanto scritto nella mail Brencich è nella lista dei 58 imputati per la tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone.

Il professore si sarebbe difeso dicendo che in ingegneria il termine impressionante non è sinonimo di pericolo. Non solo, ha intenzione di dimostrare che la sua valutazione dello stato di degrado della pila 9, evidentemente errata visto che otto mesi dopo ha provocato il crollo, è stata indotta da Autostrade per l'Italia e Spea che avevano nascosto il vero stato degli stralli ammalorati, come emerso anche nelle scorse udienze quando si è scoperto che Aspi inviò al Mit documentazioni prive delle foto più emblematiche della corrosione.

Per l'accusa però il consulente esterno Brencich e gli altri componenti del comitato indagati, il provveditore Roberto Ferrazza, i membri interni Salvatore Buonaccorso e Giuseppe Sisca e l'altro relatore esterno Mario Servetto, consapevoli che le pila 9 e 10, monitorate solo con inattendibili prove riflettometriche, avrebbero dovuto capire che potevano essere in condizioni molto critiche e invece di avallare il progetto di retrofitting dovevano chiudere il ponte e approfondire lo stato di ammaloramento.

Dopo  l'udienza l’avvocato Anna Francini, difensore del professor Brencich, ricorda che la nomina dello stesso è stata perfettamente legittima posta l’autorizzazione alla partecipazione al Cta rilasciata dal proprio ateneo. Lo stesso, nel corso dell’udienza ha ricordato di aver ricevuto il progetto e di averlo esaminato. Peraltro ha rammentato al Tribunale che il progetto, anche per le sue competenze e conoscenze, non presentava nessun elemento di complessità. In ultimo ha giustamente sottolineato che il parere favorevole del CTA ha trovato conferma nella valutazione positiva dei periti dell’incidente probatorio.

L’avvocato Fabio Viglione, difensore del provveditore Ferrazza, ha invece sottolineato che il progetto di retrofitting - dimostratosi più che adeguato nell’incidente probatorio - non avrebbe dovuto essere inviato a Roma al Consiglio Superiore dei lavori pubblici poiché non aveva le caratteristiche di particolare complessità anche in quanto si trattava di una replica del progetto realizzato negli anni ‘90 sulla pila 11.