GENOVA -Alberto che assumeva farmaci dall'età di otto anni per curare l'epilessia, Alberto che a sedici anni va ad abitare in un appartamento sotto quello di mamma e papà regalatogli dalla nonna contro il parere dei genitori, che in quella svolta indicano il momento in cui hanno perso il controllo del figlio malato, squilibrato, fragile. E poi la mamma in carriera, direttore di banca, che lavorava dalla mattina alla otto di sera e per forza di cosa poco presente in casa.
Davanti ai giudici della corte d' Assise al processo Scagni è andata in scena l'intimità della famiglia dell'assassino.
Una famiglia ordinaria devastata giorno dopo giorno dalla lucida follia di Alberto, il più grande dei due figli che, come divorato da demoni, il Primo maggio dello scorso anno ha straziato a coltellate la sorella minore Alice dopo avere minacciato per mesi, forse per anni, mamma, papà, sorella e nonna, tutti colpevoli di rifiutarsi di fare da bancomat, di non dargli tutti soldi che lui chiedeva per pagarsi droga e alcol.
La storia diventata tragedia della famiglia Scagni si è svelata in aula, nel processo per omicidio ad Alberto.
A raccontare l'intimità degli Scagni prima è il padre Graziano, di solito taciturno e dimesso, ma che in aula grida, alza la voce, tanto che il giudice Cusatti lo invita più volte ad abbassare i toni.
Poi parla la mamma, Antonella Zarri, che dice di sentirsi più imputata che teste. Parlano anche due medici fra cui Laura Cassola, psichiatra del servizio di salute mentale della Asl 3 della Fiumara, indagata in un'indagine connessa aperta dopo la denuncia dei genitori nei confronti della polizia e degli stessi medici, che sarebbero colpevoli di omissioni senza i quali si poteva evitare la tragedia.
Cassola dice quanto affermato da sempre dai poliziotti: I genitori non volevano sporgere denuncia contro il figlio.
"Li incontrai il 22 aprile insieme ad Alice - ha detto la dottoressa - ma Alberto non c'era perché per partecipare voleva 30 mila euro. Consigliai ai genitori di sporgere denuncia, ma non lo fecero".
A fine udienza i genitori accusano: "La verità è già scritta, era evidente. Avete visto come il presidente della giuria fosse seccato. Non vuole sentire la verità".