GENOVA - "Feci tutto il possibile affinché Autostrade per l'Italia non si unisse alla spagnola Albertis e che i controlli rimanessero ad Anas, il primo obiettivo lo raggiunsi evitando la nascita di una nuova società che puntava solo sul profitto, il secondo invece nonostante i miei sforzi fu vanificato dal governo Berlusconi che appena insediatosi approvò il passaggio del monitoraggio all'ufficio del Mit che però come Anas non aveva risorse né uomini per farlo".
Lo ha detto nel 2018 l'ex ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro al pubblico ministero Massimo Terrile, titolare delle indagini sulla tragedia del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone e per cui alla sbarra ci sono 58 imputati.
Il fondatore di Italia dei Valori e capo del pool di magistrati di Mani Pulite è stato interrogato mesi dopo il crollo e oggi sarà in aula in veste di teste dell'accusa insieme all'ex senatore Maurizio Rossi e il docente di Ingegneria all'Università di Genova Giorgio Roth.
Di Pietro quando fu interrogato, da buon ex magistrato, consegnò agli inquirenti una dettagliata memoria di 17 pagine in cui focalizzava i punti salienti della sua testimonianza. Lo scritto è diviso in tre parti: la prima sulla concessione Anas e Autostrade per l'Italia e la fusione con Albertis. La seconda parte sul sitema infrastrutturale di Genova, dalla Gronda agli interventi per ridurre il traffico pesante sul Morandi; la terza sui controlli pubblici alla concessionaria.
La prima parte della memoria inizia così:
"Fui ministro delle Infrastrutture fra il 2006 e il 2008 per il governo Prodi - si legge nello scritto - in quel periodo c'era un ampio dibattito sulle concessioni autostradali e il ruolo del concedente, Anas, e il concessionario Autostrade per l'Italia.
Tema del dibattito era l'aumento delle tariffe che non sembrava proporzionale agli interventi di manutenzione svolti sulla rete autostradale".
Il rapporto fra Anas a Aspi allora, scrive l'ex magistrato, era regolato da alcune leggi a partire del 1955:
la prima, appunto nel 1955, sulla disciplina e la gestione delle reti autostradali, una nel 1922 che assegna al Cipe la competenza delle revisioni delle concessioni e delle tariffe, una del 1993 che aveva avviato il processo di privatizzazione e imposto ai concessionari di pagare un canone annuo sui proventi dei pedaggi, e una nel 1994 che trattava dei compiti spettanti alla società concedente.
"La posizione di Aspi era nevralgica perché gestiva 2854 km dei 5800 totali", come a dire oltre il 50%.
C'erano 5 convenzioni fra Anas e Autostrade Spa che dal 1997 allungavano durata concessione fino al 2038 e poi sino al 2042 a fronte di robusto piano di investimenti.
Una svolta avviene nel 2003 quando Autostrade cede ad Autostrade per l'Italia con l'avallo di Anas.
Nel 2006, scrive ancora Di Pietro, quando viene avviata la fusione tra Aspi e Albertis, un mese prima del governo Prodi, costruzioni io mi oppongo per i conflitti d'interessi fra con una società di costruzioni e mobilità quale era Albertis e invia richiami formali ad Anas per sottolineare i rischi di perdita degli interessi pubblici che la fusione avrebbe comportato.
"A luglio avviso Anas (Pozzi) e Aspi (Castellucci) -scrive ancora l'ex pm - che non ci sono requisiti per andare avanti nell'istruttoria, avvio all'interno del ministero un gruppo di lavoro di esperti per testo di una nuova concessione a cui invito a partecipare Anas.
A settembre illustro le ragioni per cui il governo e il ministero si erano espressi contro la fusione
"Ma nello stesso tempo l'antitrust europea aveva accettato il progetto di fusione, da lì nasce la Convenzione Unica che prevede maggiori poteri ad Anas e più controlli su concessionari e tariffe
Nel novembre 2006, Albertis far ricorso al Tar contro diniego, poi Tar respinge ricorso Aspi.
Io sollecito il presidente Anas a tutelare il concedente in sede giudiziale.
A dicembre Cda di Anas delibera di citare a giudizio Aspi e chiede di accantonare i dividendi prima di destinarli ai soci, con tanto di rimborso di risarcimento danni
13 dicembre 2006 Aspi e Albertis rinunciano alla fusione perché manca il consenso del ministero e perché la convenzione Unica prevede tetto del 5% per società costruttrici".
Non solo, scrive ancora Di Pietro, nel luglio 2007 il Cipe prevede che in caso di cambio del concessionario il nuovo soggetto si impegni a con impegni finanziari effettuare anche le manutenzioni non effettuate in passato"
Nell'ottobre 2007 si ratifica la convenzione unica fra autostrade e Anas
L'8 maggio del 2008 cade il governo Prodi e arriva il governo Berlusconi, ministro delle Infrastrutture è Altero Matteoli
Per prima passa un emendamento da me definito "pedaggi selvaggi" e avvallato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Da deputato dell'Idv presi parola in Parlamento per rivolgermi al presidente del consiglio e, anche se Berlusconi non era in aula, dissi: "Non può continuare a usare le leggi per uso personale, come nella scorsa legislatura quando con leggi ad personam ha zigzagato fra i processi sino ad arrivare all'impunità, lei oggi ha approvato con leggi delle semplici bozze che hanno ripercussioni sulla contabilità pubblica e i pedaggi, per questo era stato previsto che dovevano essere approvati da una serie di uffici, ministeri e commissioni, Cipe, in modo che lo stato possa capire se un accordo privato di una concessionaria, voi invece avete messo nelle mani dei privati la possibilità di scegliere come pedaggiare e quali pedaggi applicare sul sistema autostradale
"La convenzione Unica del settembre 2007 tra Anas e Aspi - scrive ancora Di Pietro - non è stata decisa da me ma dal governo Berlusconi contro il parere del Cipe e senza attendere il parere della commissione del ministro dei lavori pubblici. Per capire perché il governo ha approvato un emendamento così favorevole ad Aspi ho chiesto di sapere da chi erano arrivate le sovvenzioni ai parlamentari, ma queste informazioni sono state rese accessibili.
Aspi nel 2006 prima delle elezioni, nel rispetto delle leggi, aveva fatto pervenire anche a Italia dei Valori, partito di cui ero fondatore e presidente, 20 mila euro, che io avevo rispedito al mittente".
Il secondo punto della memoria di Di Pietro interessa il nodo viario di Genova, ossia il Sistema infrastrutturale intorno al capoluogo.
"Già prima delle convenzione unica del 2007 fra Aspi e Anas nel 2004 era prevista la Gronda ponente e interconnessione autostradale fra A7 A10 e A12 (come scritto nella convenzione unica), che non si sono realizzate per conflittualità locali, era prevista anche la bretella per il porto che prevedeva adeguamento della A10 con i caselli di Voltri, Bolzaneto, Genova Est e la tratta ascendente della A7 fra Est e Bolzaneto e Rapallo".
"Non conosco la situazione della viabilità per Porto di Voltri - scrive ancora l'ex magistrato - ma ricordo che governo Prodi e presidente della regione Liguria di allora Burlando predisposero tutte le iniziative affinché i mezzi pesanti potessero bypassare il Morandi prevedendo infrastrutture alternative per questo furono predisposte misure per adeguare i caselli di Voltri, Rapallo, Lavagna e Chiavari".
Nel marzo del 2008, scrive Di Pietro, ministero, presidente regione, province firmarono per interventi stradali urgenti per il nodo stradale di Genova per 840 milioni, ricordo che io stesso ammonì pubblicamente i presenti dicendo che "il ponte Morandi non è eterno".
Il terzo punto della memoria di Di Pietro riguarda il sistema dei controlli pubblici ad Autostrade per l'Italia.
"La Convenzione Unica ha separato attività di esecuzione e manutenzione che spettano al concessionario e controlli, verifiche e sanzioni che spettano al concedente"
"Per questo nel 2012 - si legge ancora nella memoria dell'ex ministro - era prevista l'Agenzia per le Infrastrutture Stradali e autostradali, mai nata e poi soppressa dal ministro Passera del governo Monti che nel 2012 fece nascere la Struttura di Vigilanza Concessioni Autostradali.
Fu nel 2013, un decreto ministeriale del governo Letta e del ministro Lupi, avvallano la prima convenzione fra Aspi e la Struttura ministeriale e per la prima volta il concedente Anas è escluso, ma il ministero delle infrastrutture non ha risorse come ammetterà il dirigente della Struttura Mauro Colletta (uno degli imputati dell'indagine sul crollo del Morandi ndr) nel 2016 in commissione Ambiente.
Dopo crollo per questo chiamai l'allora ministro Toninelli che preannunciava la costituzione di parte civile e gli dissi informarsi meglio perché lo stesso ministero poteva essere "responsabile civile".