GENOVA - "Mi ritrovo con una casa sventrata, a pezzi, dove non posso stare. Sono in affitto e non ho soldi per portare avanti i lavori". È questa la storia di Alessandro Rizzola e di tante altre persone in tutta Italia dopo lo stop al rimborso in fattura per il superbonus 110% disposto dal Governo Meloni il 17 febbraio di quest'anno, preceduto dal blocco delle richieste di cessione del credito da parte delle banche.
I modi per ottenere il rimborso sulla spesa della ristrutturazione di casa, a patto di migliorare la classe energetica dell'abitazione, erano tre: direttamente sulla propria dichiarazione dei redditi, scontando ciò che si doveva al fisco; non pagando l’impresa, che si sarebbe rivalsa poi sullo Stato all’atto di corrispondere le proprie tasse; oppure utilizzando una banca che si prendesse il credito, lo scontasse immediatamente (trattenendo la sua commissione) e lo recuperasse poi della sue dichiarazioni.
"Sono un abitante che ha creduto in questa legge dello Stato e poi è rimasto fregato - spiega Rizzola -. Lo Stato ha cambiato le carte in tavola durante il percorso e noi siamo rimasti fregati, senza soldi per portare avanti i lavori e per rinnovare la nostra casa. Sono un lavoratore dipendente, sono in affitto da più di un anno e riesco appena a stare a galla ma non riesco a portare avanti i lavori, non ho soldi per pagare l'impresa. La mia famiglia ha creduto in me - racconta -. Quando guardo mia figlia e mia moglie mi mette male, ho portato tutta la mia famiglia in questa situazione perché ho semplicemente creduto in una legge dello Stato".
In piazza De Ferrari ci sono appena una decina di persone in protesta ma "in quasi tutt'Italia stiamo facendo questi sit-in davanti ai palazzi più importanti" racconta Laura Alberti, "esodata" del superbonus. "Abbiamo dato fondo a tutti i soldi che avevamo, abbiamo debiti e non siamo in grado di entrare nelle nostre case - racconta -. Sono in affitto da due anni e mezzo, lo pago, pago la rata del mutuo, interessi sui Sal (Stato di Avanzamento dei Lavori) elargiti fino adesso, pago l'Imu perché ho la residenza nella casa dove sono in affitto, ho due bambini piccoli, sia io che il mio compagno lavoriamo e paghiamo le tasse a questo Stato che non mantiene le promesse".
Alberti e il suo compagno dopo la nascita dei loro figli, gemelli, hanno venduto l'appartamento, divenuto ormai troppo piccolo, e sono andati in affitto fino a quando "abbiamo trovato la casa dei nostri sogni e quindi abbiamo aperto un mutuo per ristrutturazione interna (con bonus pari 50% dei lavori) e per il bonus 110". Dopo il mutuo però è arrivato lo stop: "Le fatture per gli interni me le sono dovute mettere sulla dichiarazione dei redditi - spiega - quindi posso prenderle spalmate in 10 anni ma come dipendente ho una capienza fiscale ridotta e non posso mettere in detrazione anche le altre. Comunque avere i soldi subito o tra 10 anni è diverso. Io e il mio compagno abbiamo fatto un mutuo a trent'anni. Era un progetto lungo di vita, ma così non finisce mai".
Poi l'appello: "Se vogliono cambiare le cose va bene, basta aiutare chi è nel mezzo. Sarà stato sbagliato dall'inizio? Però non era mio compito come cittadino privato controllarlo. Tutti possiamo sbagliare: c'è il committente onesto e quello disonesto. Però stiamo pagando per una cosa di cui non abbiamo colpa".
Genova è stata teatro di due proteste da parte dei lavoratori dell'edilizia sempre per lo stop al superbonus, che ha messo in ginocchio le imprese. "Con il nuovo decreto hanno chiuso le banche e noi siamo rimasti con i nostri crediti nei cassetti fiscali, abbiamo moneta ma non possiamo usarla. Abbiamo bisogno di denaro contante per pagare stipendi, materiali e tutto l'indotto e non sappiamo più come andare avanti" aveva dichiarato a Primocanale Girolamo Ferrara, uno degli organizzatori della protesta.