GENOVA -"Alberto Scagni non deve essere condannato all'ergastolo ma a una pena giusta che ne permetta il recupero" .".
Lo ha detto nella lunga arringa l'avvocato Alberto Caselli Lapeschi, legale dell'uomo che il primo maggio dell'anno scorso ha ucciso a Quinto la sorella Alice con 24 coltellate e per cui il pm Paola Crispo ha chiesto la pena dell'ergastolo.
Il legale dell'imputato ha cercato di smontare le aggravanti richieste dal pm, "Alberto non ha ingannato la sorella uccisa custodendo il coltello in un sacchetto biodegradabile che non ha natura ingannatoria ma è solo servito al trasporto dell'arma, non ha premeditato il delitto né usato crudeltà, esclusa perché Alice ha perso subito conoscenza, come se avesse subito una anestesia forzata, ed è morta immediatamente. E dunque una vittima che perde subito la vita e prima ancora conoscenza perde la coscienza del dolore". Il legale ha citato il caso di Carol Maltesi, la donna uccisa con 13 martellate in testa e poi fatta a pezzi, per cui i giudici avevano escluso la crudeltà.
Per l'avvocato non sussiste nemmeno la premeditazione perché "Alice era la persona meno odiata in quel momento, non c'era acrimonia o astio. E nemmeno sapeva che quella sera la sorella avrebbe portato a spasso il cane, visto che 19 volte su 20 lo faceva il cognato".
L'avvocato Lepeschi ha aggiunto che, come ha concluso il perito del giudice per le indagini preliminari, che Scagni è seminfermo di mente. "Quando ha agito c''era un allontanamento dal piano della realtà". In conclusione il legale ha chiesto "una giusta pena che non può essere l'ergastolo ma una condanna che permetta il recupero del condannato" .
Una condanna che in linea teorica in partenza potrebbe essere dai 24 ai o 30 anni ma che senza le aggravanti potrebbe permettere all'imputato di beneficiare anche del rito abbreviato con il conseguente lo sconto di un terzo. Nella migliore eventualità Alberto Scagni, come era accaduto per il killer Luca Delfino, potrebbe essere condannato a 16 anni con annessa perizia psichiatrica finale in grado di stabilire se alla fine della pena potrà tornare libero o rimanere in una struttura per le esecuzioni delle pene, le Rems.
Ma questa è per ora la migliore delle ipotesi per l'imputato, quella auspicata in passato anche dai genitori anche oggi in aula e che alla fine dell'udienza non hanno rilasciato dichiarazioni.
Domani dovrebbe esserci la sentenza della corte di Assise presieduta del giudice Massimo Cusatti a cui toccherà vagliare la richiesta del pm Paola Crispo che ha chiesto per l'imputato le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e del mezzo insidioso, e per questo ha chiesto per il carcere a vita, l'ergastolo.