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Cronaca

Dalle prime informazioni alla base ci sarebbe una delle "leggi non scritte" del carcere. Il detenuto rumeno avrebbe trovato un ritaglio di giornale che parlava di Scagni: a quel punto sarebbe scattata la violenza
1 minuto e 31 secondi di lettura
di Aurora Bottino

GENOVA - È stato preso a pugni e picchiato dal compagno di cella Alberto Scagni, in carcere da maggio per l'omicidio della sorella.

La violenza è avvenuta sabato scorso nella sesta sezione, quella dei detenuti protetti. Ad aggredirlo, nella sezione del quarto piano, un detenuto di origine rumena, non protetto, proveniente da Aosta e che ha girato diversi istituti penitenziari tra cui Sanremo, Biella, Alessandria e Torino, con reati di furto, rapina, porto d'armi e lesioni.

Dopo averlo picchiato ha continuato a colpirlo anche una volta a terra con estrema violenza. Solo grazie ad un poliziotto penitenziario che è riuscito a tiralo per tempo fuori dalla cella l'uomo è riuscito a scampare alla furia dell'altro detenuto.

Dalle prime informazioni alla base ci sarebbe una delle "leggi non scritte" del carcere. Secondo una ricostruzione, infatti, il detenuto romeno avrebbe trovato a terra, nella casa circondariale, un ritaglio di giornale che riportava la condanna di Alberto Scagni, che dovrà scontare una pena di 24 anni e 6 mesi. Il delitto, l'omicidio di una donna, in questo caso sua sorella, sarebbe bastato a far scattare la violenza, incitata dagli altri detenuti.

Scagni ha riportato una prognosi di 7 giorni ed è stato spostato in camera singola.

Dalla notizia arriva anche la denuncia della UilPa polizia penitenziaria, con le parole di Fabio Pagani: "Ancora un volta al centro della cronaca la Sesta Sezione, ancora una volta abbinamenti pericolosi di detenuti. Non è passato tanto tempo dall'omicidio avvenuto il 13 Settembre scorso, ma stavolta solo il coraggio e l’immediato intervento del poliziotto ha impedito peggior sorte". 

"Tutto ciò acclara la perdurante emergenza penitenziaria, sotto gli occhi di tutti tranne che del Ministro della Giustizia e del Governo Meloni, fatta di sovraffollamento detentivo (Marassi conta 700 detenuti), insufficienza degli organici del personale, inadeguatezza di tecnologie ed equipaggiamenti e disorganizzazione imperante - continua Pagani -. Tutti elementi, questi, particolarmente evidenti a Genova Marassi".