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Cronaca

L'operatrice della Ong Fulvia Conte ha raccontato che durante il tragitto hanno ricevuto segnalazioni di altre barche in difficoltà: "Alcune sono state salvate da Guardia Costiera e altre organizzazioni, di alcune non sappiamo più nulla"
2 minuti e 6 secondi di lettura
di Redazione

 

GENOVA - Torture, violenze, anche sessuali, lavori forzati: sono queste le storie di tanti dei 63 migranti che questa mattina sono sbarcati a Genova dalla Geo Barents, la nave della Ong Medici Senza Frontiere che li ha salvati a largo della Libia e dopo tre giorni di navigazione li ha portati nel capoluogo ligure.

"Erano in condizioni molto precarie, queste persone sono state soccorse in una situazione in cui la loro vita era in pericolo - racconta Fulvia Conte di Medici Senza Frontiere -. Ci sono casi medici che sono sbarcati per primi e sono sicuramente anche in condizioni psicologiche delicate. Ci hanno raccontato non solo i motivi per cui sono partiti dai loro paesi, motivi drammatici di fuga dalla violenza, ma anche il periodo in Libia ci hanno raccontato essere drammatico: chi in cattività, chi nei centri di detenzione, chi ai lavori forzati, chi sotto torture, violenza, violenze sessuali. Anche se le violenze fisiche non sono sempre visibili, ma hanno molte cicatrici, ci sono state violenze psicologiche abbastanza pesanti".

Oltre alle violenze e alla salute mentale ci sono anche alcuni casi di malattia: 15 delle persone soccorse sulla nave sembra abbiano la scabbia.

Il salvataggio è avvenuto tre giorni fa al largo delle coste libiche. "Dopo aver ricevuto l'indicazione che ci fosse una barca in difficoltà, che arrivava anche da un aereo di Frontex, abbiamo cercato questo gommone per tre ore nella notte, è stato difficilissimo - spiega Conte -. Quando siamo arrivati avevano entrambi i tubolari abbastanza sgonfi ma siamo riusciti a salvare tutte e 63 le persone. Dopodiché c'è stato assegnato il porto di Genova, il più lontano mai assegnato alla Geo Barents, che dista 1160 km. Le navi non hanno la velocità di un treno o un mezzo di gomma e abbiamo impiegato tre giorni per raggiungerlo. Non sono solo tre giorni in più di navigazione per le persone a bordo ma sono anche tre giorni che allontanano una nave da soccorso dall'area dove si sa che ci sono altre persone in difficoltà".

L'operatrice di Medici Senza Frontiere racconta anche di altre barche in difficoltà che la Ong non ha potuto soccorrere, "parliamo di centinaia di persone - dichiara -. Alcune sono state soccorse dalla Guardia Costiera o da altre Ong, delle altre non si sa più nulla. Alcune sono state invece respinte e riportate in Libia, cosa che va contro il diritto internazionale e i diritti umani e riportate in quel ciclo di detenzione, tortura e violenza, che purtroppo è noto".

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