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Cronaca

Temuto dagli indagati che nelle telefonate intercettate lo definivano "il mastino", l'ispettore del Mit che ha imposto i cantieri bloccando il nodo di Genova appare l'unica "anomalia" positiva anche nelle testimonianze rese dai primi imputati
2 minuti e 45 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA - Siciliano di Milazzo, Messina, Placido Migliorino, 63 anni, ispettore del Mit, ripete sempre che lui ha solo fatto quanto doveva, ha fatto il suo lavoro, ma in quel magma di apatia e noncuranza che era il mondo di Autostrade per l'Italia, Spea e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a quando pare bastava fare il proprio lavoro per diventare anomalie, per trasformarsi nell'"agente modello" come è stato definito dei magistrati titolari delle indagini e non solo. Non a caso Migliorino a marzo è stati anche ascoltato in aula, in veste dei teste dei pubblici ministeri dell'accusa. Per accusare gli imputati gli è bastato dire come si svolgevano le sue giornate di lavoro. Un'anomalia appunto.

Il processo Morandi ora si ferma per due settimane per permettere l'analisi dei primi blocchi di interrogatori in aula degli imputati, i vigilanti del Mit e i conoscitori del progetto di retrofitting sulle pile 9 e 10 mai avviato e che avrebbe evitato il crollo.

Il dibattimento del grande processo per il crollo del 14 agosto 2018 si ferma due settimane e riprenderà dopo le festività di Ognissanti, ma udienza dopo udienza sta confermando in aula per ammissione diretta o indiretta degli stessi imputati che se tutti coloro che avevano il compito di controllare ponti, strade e gallerie delle Autostrade avessero fatto semplicemente il loro lavoro, appunto come Placido Migliorino, ora Ponte Morandi sarebbe ancora al suo posto, rattoppato forse già da oltre 20 anni, e le 43 vite crollate nel vuoto ancora al loro posto, con le loro famiglie, con i loro cari.

Il nome dell'ispettore del Mit Migliorino già noto per le verifiche sulle autostrade ligure dopo il crollo del Morandi che ha permesso di scoprire il vero degrado della rete e obbligato l'avvio di una moltitudine di cantiere in simultanea, è riecheggiato più volte durante gli interrogatori dei primi imputati che hanno accettato di farsi interrogare, circa 19 su 58, numero destinato a scendere visto le defaillance degli ultimi giorni.

Hanno lodato Migliorino specialmente gli imputati dirigenti degli uffici del Mit che avevano il compito di monitorare il viadotto Polcevera e invece, a detta dell'accusa, non lo hanno fatto. Perchè, a loro dire, toccava sempre ad altri farlo.

Mauro Coletta, capo direzione generale per il controllo sulle concessioni autostradali al Mit, Giovanni Proietti, dirigente alla Direzione generale per il controllo sulle concessioni autostradali al Mit e Michele Franzese, dirigente alla Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali al Mit.

Uomini, ministeriali, tutti concordi nel dire di essere stati traditi da altri uffici e dall'ispettore dell'Unità territoriale del primo tronco ligure che avrebbe dovuto monitorare il viadotto Polcevera e che invece non lo faceva, non inviava i report perché non li faceva. "Certo se avessimo avuto segnalazioni delle anomalie, della reale corrosione delle pile, saremmo saltati su una sedia e avremmo subito alzato il telefono e fatto bloccare il traffico sul Morandi".

Ma siccome di Migliorino ce n'è uno e prima del crollo del viadotto lavorava nel tronco di Roma, il ponte Morandi nessuno lo controllava, se non sulla carta. Non a caso il suo omologo sul tronco di Genova, Carmine Testa, è nella lista degli imputati.  Il "Mastino" di Milazzo continua a ricevere attestati di stima e incarichi prestigiosi. A lui nei giorni scorsi è stata affidata la perizia sul guardrail di Mestre da cui è precipitato il pullman in cui hanno perso la vita 21 persone.

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