Vai all'articolo sul sito completo

Cronaca

Le indagini, avviate dopo il fallimento nel 2019, hanno accertato debiti per 18 milioni
1 minuto e 22 secondi di lettura
di Redazione

GENOVA - La procura di Genova ha chiuso le indagini sulla bancarotta fraudolenta della società Aspera, azienda genovese attiva nella progettazione e realizzazione di edifici ma anche nel recupero e conservazione di monumenti storici. Nelle scorse settimane era finito agli arresti domiciliari l'architetto e imprenditore Alex Amirfeiz, già braccio destro dell'ex senatore Sandro Biasotti.

La società, tra il 2013 e il 2016 si era occupata anche del restauro di una parte del Colosseo. Oltre ad Amirfeiz sono indagati Gianluca Accomazzo, Paolo Grasso, Carlo Moriani, Luca Verdino, Carlotta Testino, Roberto Maria Benedetti, Riccardo Costa e Carlo Laganà (difesi dagli avvocati Andrea Andrea, Giuseppe Sciacchitano, Nicola Scodnik, Sandro Vaccaro, Francesca Pastore, Massimo Boggio, Danilo Romagnino, Gianluca Tognozzi, Riicardo Passeggi, Angelo Paone, Rinaldo Romanelli e Giovanni Ponti).

Secondo il sostituto procuratore Patrizia Petruzziello e l'aggiunto Francesco Pinto, che hanno coordinato le indagini del Nucleo operativo della guardia di finanza, gli indagati avrebbero fatto fallire la Aspera. Le accuse sono di bancarotta fraudolenta per distrazione e per dissipazione, false comunicazioni sociali, bancarotta impropria da false comunicazioni sociali ed auto-riciclaggio.

La società era stata dichiarata fallita nel 2019 dal tribunale di Genova e a quel punto erano partite le indagini, concentrate anche sulle società che facevano capo all'amministratore delegato della fallita. Gli investigatori hanno analizzato i bilanci e libri contabili accertando, secondo l'accusa, numerose operazioni "sospette", come la completa svalutazione di crediti maturati nel tempo e stralciati nell'ultimo bilancio prima del fallimento, pagamenti su conti transitori privi di giustificazione, indebita svalutazione di rimanenze, esecuzione di bonifici per finanziamenti infruttiferi e successiva rinuncia al credito maturato. I finanzieri hanno accertato debiti a partire dal 2014 e fino al fallimento del 2018, pari a circa 18 milioni.