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Cronaca

A febbraio al via il processo indiziario nei confronti della presunta assassina Anna Lucia Cecere e il commercialista Soracco e la madre dello stesso che avrebbero favorito la donna
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di Michele Varì

GENOVA -Udienza fissata per 25 febbraio per il processo a Anna Lucia Cecere (nella foto a destra), la donna indagata per l'omicidio di Nada Cella (a sinistra), la segretaria uccisa il 6 maggio del 1996 nello studio del commercialista di via Marsala a Chiavari dove lavorava. Con lei saranno processati per favoreggiamento anche il commercialista Marco Soracco (nella foto al centro) e la mamma Marisa Bacchioni, che avrebbero saputo del coinvolgimento dell'indagata nel delitto e non l'avrebbero mai svelato. Probabilmente se non fosse deceduta nel 2001 per gli stessi motivi sarebbe stata indagata anche Fausta Bacchioni, zia di Soracco e sorella di Marisa, maestra appassionata di scrittura, che rientra nel nuovo filone delle indagini per un suo scritto rinvenuto nell'abitazione in cui ripercorreva le fasi delle indagini in modo romanzato.

La novità che trapela dalle carte degli inquirenti è che la presunta assassina potrebbe avere ucciso Nada con una pinzatrice e un fermacarte, che però lo stesso Soracco, sentito stamane da Primocanale, ritiene inadeguati per provocare lo frattura del cranio della vittima, "si tratta di una pinzatrice di piccole dimensioni e il fermacarte di onice è un cilindro di neanche dieci centimetri". L'autopsia aveva svelato che Nada era morta per una importante frattura cranica.
 
Gli oggetti finiti nell'inchiesta bis coordinata dal pm Gabriella Dotto hanno una storia bizzarra, visto che la pinzatrice nel '96 sarebbe stata presa in un cassetto e usata dagli stessi agenti della scientifica che lo ritennero inutile alle indagini perché appunto chiusa in un cassetto e pulita. Per gli inquirenti la pinzatrice sarebbe stata lavata e riposta dalla mamma del commercialista, ed è anche per questo che la donna è accusata di favoreggiamento.
Ancora più singolare il passato del fermacarte di onice che sarebbe stato sequestrato, dissequestrato e poi sequestrato ancora una volta per essere esaminato alla ricerca di un possibile dna dell'assassino, accertamento però risultato inutile.

Anna Lucia Cecere, ex maestrina ora abitante a Boves, in provincia di Cuneo, era stata indagata subito dopo l'omicidio ma sbrigativamente archiviata dall'allora pm Filipo Gebbia (ora in pensione e che non sarebbe mai stato ascoltato dagli inquirenti) che non disse mai ai poliziotti della squadra mobile che nella sua abitazione i carabinieri avevano trovato cinque bottini uguali a quello rinvenuto sulla scena delitto. I poliziotti invece avevano indagato Marco Soracco, ritenendolo l'assassino perché, ipotizzavano, fosse innamorato di Nada che però non aveva mai corrisposto nessun interesse nei suoi confronti.
Soracco ha sempre negato tutto e uscì dall'indagine perché non furono trovate prove contro di lui.

L'indagine è stata riaperta nel 2021 dalla criminologa Antonella Delfino Pesce che grazie all'allora procuratore capo Cozzi era riuscita ad avere tutti gli atti di polizia e carabinieri e scoperto dei bottoni in casa di Cecere, contro di lei anche la testimonianza di una donna che disse di averla vista uscire dal palazzo  di via Marsala poco prima delle 9, ora compatibile con il delitto, e di averla salutata senza ricevere risposta perché lei era molto agitata. Testimonianza però da vagliare attentamente perché la teste aveva già tradito un risentimento nei confronti di Cecere.

L'indagata due anni fa ha detto che lei all'ora del delitto stava facendo le pulizie in casa di un dentista di Sestri Levante, mostrando copia del contratto di lavoro che lo attesterebbe. Il medico non ricorda se Cecere quel giorno fosse a lavorare. Sta ora agli inquirenti provare che Anna Lucia a pochi minuti dalle 9, ora dell'omicidio, era in via Marsala e non a Sestri Levante, riscontri non facili da dimostrare 27 anni dopo.

Nelle carte del processo anche alcune intercettazioni telefoniche in cui Cecere chiede informazioni a una amica sulle modalità e i tempi delle indagini scientifiche, "il dna nei capelli si trova anche vent'anni dopo?", che tradirebbero la sua preoccupazione per gli accertamenti di un super esperto in codice genetico, il romano Gaetano Giardina, che si sperava potessero trovare la prova della responsabilità dell'indagata, e che invece hanno sortito soli piccoli indizi.


Agli atti c'è pure la rivelazione di un frate di Chiavari di cui negli anni si è parlato più volte perchè subito dopo il delitto avrebbe ricevuto della confidenze sul delitto dalla mamma di Marco Soracco, il commercialista anche su questo appare molto scettico, "mia mamma dopo l'omicidio non è uscita di casa per due mesi, come avrebbe fatto a parlare con il frate?".