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Cronaca

Per l'accusa il cedimento della pila 9 per corrosione era prevedibile dagli anni '90, più enigmatiche le difese che potrebbero puntare sul vizio occulto. Le udienze riprenderanno martedì 9 gennaio con l'ascolto dei circa 200 testi a difesa dei 48 imputati
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di Michele Varì
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GENOVA - Riprenderà martedì 9 gennaio, dopo la pausa per le festività, il processo per il crollo di ponte Morandi del 14 agosto 2018 che vede alla sbarra 58 imputati ritenuti responsabili della morte di 43 persone (nella foto).

I giudici Lepri, Polidori e Baldini vorrebbero procedere con tre udienze a settimana con l'obiettivo di concludere gli esami dei testi delle difese, circa 200 dopo lo stralcio di oltre 130 nomi, da parte degli avvocati degli imputati, entro la fine di marzo, quando ci sarà il cuore del processo.

Raffaele Caruso, avvocato del Comitato familiari vittime Morandi, ribadisce la tesi dei pm dell'accusa Terrile, Cotugno e Airoldi: "Le cause  del crollo sarebbero la corrosione dei cavi dello strallo lato sud della pila 9 del ponte, corrosione ben nota alla società autostrade perché sulle pile gemelle, soprattutto sulla pila 11 che infatti era stata rifatta nel 1992 con la sostituzione dei cavi d'acciaio poi posti all'esterno della pila in modo da essere meglio monitorati".

Sulle cause del crollo la pensano diversamente gli imputati, che nella fase istruttoria hanno parlato di vizi di costruzione del viadotto e persino, all'inizio, di un cedimento indotto dalla caduta sulla carreggiata di un pesante rotolo di acciaio da uno dei tir precipitati dal viadotto. I legali degli imputati per ora, come conferma Marcello D'Ascia, avvocato di alcuni imputati di Autostrade per l'Italia, non si sbilanciano e danno appuntamento a marzo.

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