GENOVA -Ha ferito alla schiena con una roncola un trentenne che ha osato tentare di bloccarlo mentre stava aggredendo un ragazzino, poi per spaventare gli altri giovani presenti sul posto che lo stavano circondando li ha minacciati con una pistola.
Per questo un diciannovenne albanese dopo essere stato identificato dagli agenti del commissariato di San Fruttuoso è stato denunciato per una lunga serie di reati, dalle lesioni, alle minacce e il porto abusivo di arma perché la pistola, che si è scoperto essere un giocattolo, non aveva il tappo rosso.
Il fatto è avvenuto nei giorni scorsi in Piazza Santa Maria, a Quezzi, sulle alture della Valbisagno.
Le indagini, visto che del fatto non erano state presentate denunce, sono state avviate con una fonte confidenziale e dagli agenti di turno al posto fisso di polizia dell'ospedale San Martino che, quando hanno appreso del trentenne finito nel reparto d'emergenza con una ferita da un'arma da taglio alla schiena giudicata guaribile sette giorni, hanno avviato accertamenti sull'accaduto.
Da lì, interrogando il ferito e altri giovani di Quezzi, i poliziotti della sezione investigativa del distretto di via Marina di Robilant diretto dal vice questore Fausto Ansini, hanno appreso della serata da bullo violento del diciannovenne, di nazionalità albanese come quasi tutti i ragazzi coinvolti nella vicenda.
L'identificazione del giovane "pistolero" avveniva anche grazie alla visione delle immagini di sorveglianza di Quezzi: da lì la denuncia del ragazzo a cui nel corso della perquisizione della sua abitazione nello stesso quartiere venivano sequestrate la roncola e la pistola giocattolo con relative munizioni.
Per questo un diciannovenne albanese dopo essere stato identificato dagli agenti del commissariato di San Fruttuoso è stato denunciato per una lunga serie di reati, dalle lesioni, alle minacce e il porto abusivo di arma perché la pistola, che si è scoperto essere un giocattolo, non aveva il tappo rosso.
Il fatto è avvenuto nei giorni scorsi in Piazza Santa Maria, a Quezzi, sulle alture della Valbisagno.
Le indagini, visto che del fatto non erano state presentate denunce, sono state avviate con una fonte confidenziale e dagli agenti di turno al posto fisso di polizia dell'ospedale San Martino che, quando hanno appreso del trentenne finito nel reparto d'emergenza con una ferita da un'arma da taglio alla schiena giudicata guaribile sette giorni, hanno avviato accertamenti sull'accaduto.
Da lì, interrogando il ferito e altri giovani di Quezzi, i poliziotti della sezione investigativa del distretto di via Marina di Robilant diretto dal vice questore Fausto Ansini, hanno appreso della serata da bullo violento del diciannovenne, di nazionalità albanese come quasi tutti i ragazzi coinvolti nella vicenda.
L'identificazione del giovane "pistolero" avveniva anche grazie alla visione delle immagini di sorveglianza di Quezzi: da lì la denuncia del ragazzo a cui nel corso della perquisizione della sua abitazione nello stesso quartiere venivano sequestrate la roncola e la pistola giocattolo con relative munizioni.