"GENOVA - "Lo sfruttamento di oggi è ancora peggio di quello che c'era negli anni '70 o nei primi '80. Molto peggio molto peggio. Per questo mi chiedo perché la gente non si ribella. I sono cresciuto in un'Italia degli anni '70 dove vedevi le stragi fasciste, vedevi la polizia che sparava sui manifestanti. La rivoluzione non è un pranzo di gala. Il capitalismo non si cambia, si deve solo abbattere, non c'è altra strada...è stato bello al G8 vedere di Genova i black bloc spaccare i simboli del capitalismo".
Si potrebbe sintetizzare così il pensiero di Antonello Boasi, una voce di Michè, che dopo la storia di un cubano scappato dal comunismo e finito a fare la statua vivente nel centro di Genova, racconta la vita di un genovese, un operaio, che il comunismo lo ha cercato tutta la vita.
Sessantenne, colto e romantico, Antonello sembra rimasto agli anni '70 e sogna ancora la lotta armata per abbattere il sistema e i padroni.
Lui ha vissuto una vita aspettando una società più giusta, più bella, come un adolescente, ma è sembrato sempre in ritardo, camminando sulla cattiva strada in quella umanità dolente che è il centro storico, arruolandosi come brigatista quando le Br erano agli sgoccioli, sconfitte dai carabinieri e pure dalla storia.
A tradirlo una lettera da lui spedita in Francia e tornata indietro come un boomerang indietro dopo otto anni su una panchina di corso Carbonara, dietro il Carmine, sigillando di fatto il suo arresto, avvenuto nel 1987. Ed è proprio su quella panchina che ha accettato di raccontare la sua storia.
"Noi ci incontravamo su questa panchina di corso Carbonara, e questo alla fine si è rivelato un errore. Perché una volta che la Digos ci ha individuato e ha capito che noi ci vedevamo sempre qua, su questa panchina come due innamorati, ha predisposto un sistema di ascolto e registrato le nostre conversazioni che poi sono risultate le prove a carico.
Quella per me era la scelta dell'opzione più radicale che ci fosse, avevo bisogno di una scelta radicale, ho sempre pensato che la rivoluzione non è un pranzo di gala e che il capitalismo non si cambia ma si abbatte e diciamo che l'organizzazione che lottava per abbattere il capitalismo era principalmente le Brigate Rosse.
All'epoca l'opzione armata era un'opzione che aveva un suo perché, quindi è stato un percorso naturale. Ho cercato i contatti con le Brigate Rosse, non tanto in Italia quanto piuttosto all'estero appoggiandomi in Francia e in Belgio su dei compagni che potevo immaginare, non ne avevo la certezza, erano comunque compagni che agivano nell'ambito, fra virgolette, della legalità, ma secondo me per l'esperienza che avevo maturato potevano essere un tramite, e poi vedrai che non avevo sbagliato, non avevo assolutamente sbagliato, però alla fine questo tramite con la Francia ha condotto che noi siamo stati individuati e arrestati, ti posso anche dire che comunque noi qua a Genova non abbiamo fatto nessuna azione, quindi non c'è niente di tragico, non ci sono morti, non ci sono feriti".
Ed è qui che Antonella dice la frase forte, come uno slogan: "La rivoluzione non è un pranzo di gala e che il capitalismo non si cambia ma si abbatte"
E quando gli si fa notare che lui ha cercato di diventare brigatista quando le br erano alla fine, dopo Guido Rossa, nel 79, con la ribellione dei cittadini, e l'uccisione della colonna genovese in via Fracchia nell'80, Antonello risponde così: "
Erano in fase discendente, ma quando loro mi hanno cercato, nell'87, non ho detto di no, consapevolmente, perché mi sembrava un atto di vigliaccheria, da paraculo, non me la sono sentita di dire di no. Guardate no, mi sono sbagliato. No, una volta che mi hanno cercato per mia libera scelta ho detto di sì.
E' successo che ho ricevuto una telefonata da una persona che non conoscevo neanche. Che però mi ha fatto capire che di quell'area e mi ha dato un appuntamento, in un posto a una certa ora, che poi ho scoperto che la chiamata era arrivata dal bar latteria sotto casa mia, perché gente del quartiere, questo anni dopo, mi dissero che erano stati presenti e poi me l'ha raccontato, anche se non ne ho certezza.
All'ora stabilita mi sono presentato lì. Io non avevo segni di riconoscimento, sai come vedi nei film La bombetta Rossa o un mazzo di fiori, quindi penso che il compagno dal punto visivo sapesse chi io fossi. Inoltre aveva anche il mio numero di telefono, visto che mi ha telefonato. Tieni conto del rischio che ha corso questa persona - precisa Antonello - perché chiamare uno che non conosci direttamente, io e te ci conosciamo direttamente, ma lui non mi conosceva di persona. Io ancora meno conoscevo lui, quindi tieni conto del doppio rischio che c'è stato, perché ci sono stati casi di militanti delle Brigate Rosse sono stati venduti dai loro contatti.
Il mio interlocutore, anche se potesse avere delle referenze sul mio conto, ha corso un bel rischio, di certo non poteva avere la sicurezza assoluta che dopo la telefonata io non avessi chiamato i carabinieri o la polizia, e anche dal mio punto di vista, c'era comunque un rischio perché appartenevo a un collettivo antagonista attenzionato dalle forze dell'ordine, un collettivo di area antagonista, non diciamo il nome, c'erano sempre due carabinieri che ci seguivano costantemente e che noi avevamo chiamato "Il gatto e la volpe" proprio perché erano due presenze fisse alle nostre iniziative.
Antonello poi ricorda il primo incontro con il brigatista che aveva avuto il compito di avvicinarlo...
"Quell'uomo è arrivato di corsa, un lampo, e mi lascia una copia dell'Espresso, il settimanale l'Espresso, ancora pinzato, ma non mi ha rivolto la parola, manco un ciao, mi ha dato questa copia dell'espresso ed è sparito, mi sono trovato in mano l'Espresso... come quelli che andavano a comprare i giornalini porno e l'Osservatore Romano per nasconderli dentro, era una situazione del genere. E lì mi sono detto "ma qui è una trappola, una provocazione, ora arrivano i carabinieri o la polizia e mi beccano con un documento delle Brigate Rosse. Avevo paura più che per me per il collettivo antagonista, visto che davamo fastidio. Forse attraverso me vogliono incastrare e sputtanare tutto il collettivo.
Comunque dopo circa un anno ricevo dalla stessa persona un'altra telefonata e lì viene fissato il primo appuntamento che è stato è stato qua, perché noi ci siamo visti sempre qui, finalmente ho visto che era la stessa che era la stessa che avevo intravisto come un lampo".
Ma da dove è nato il tuo senso di ribellione?
"E' difficile dirlo, tieni presente che sono cresciuto in un'Italia degli anni '70 dove vedevi le stragi fasciste, vedevi la polizia che sparava sui manifestanti, quindi è stato molto spontaneo, non ci sono stati cattivi maestri, non ci sono grandi vecchi, non c'è stato nessun persuasore occulto, è stato un mio processo di maturazione".
Ma saresti stato pronto a sparare?
"Questa è una bella domanda a cui non posso darti una risposta. L'unica cosa che posso dire è che se tu entri nelle Brigate Rosse, non è un'associazione di Boy Scout".
I vostri nemici: chi erano allora e chi sono i nemici oggi?
"I nemici sono sempre gli stessi, i governi, reazionari. I grandi trust, i capitalisti, io credo che il capitalismo non si cambia, si deve solo abbattere, non c'è altra strada. La politica non può portare nulla. Come abbiamo visto, che ci siamo governi di destra e di sinistra e di centro, è sempre la stessa politica contro le classi popolari".
Chi sono le vittime oggi visto che gli operai sono spariti con le grandi fabbriche?
"Sono i lavoratori precari, i migranti, i giovani lavoratori precari, tutti quelli che appartengono alle classi popolari. Guarda lo sfruttamento di oggi è ancora peggio di quello che c'era negli anni 70 o nei primi '80. Molto peggio molto peggio. Per questo mi chiedo perché la gente non si ribella come ci ribellavamo noi all'epoca e quelli prima di noi"
Dal punto di vista giudiziario come è andata a voi delle nuove Br?
"Bene a tutti. A parte che noi qua. a Genova non abbiamo fatto niente e non c'erano armi per cui, ci hanno contestato solo delle intenzioni, il reato associativo. Siamo caduti sotto una corte che è stata diciamo clemente con tutti. Alla sbarra saremo stati una ventina, il nucleo forte era a Roma, una sentenza che ha innescato polemiche contro il giudice che presiedeva la corte, giudicato troppo clemente. Non tanto per noi pesci piccoli, ma per i pesci grossi, il giudice finito sotto i riflettori è quasi accusato di essere un fiancheggiatore
Ma le azioni delle Br hanno migliorato la vita o le condizioni di lavoro degli operai?
"Le condizioni di vita di lavoro degli operai no. Però una lotta dura in fabbrica con i cortei interni dove i capetti fascisti venivano appesi ai cancelli con dei cartelli, qualche gambizzazione di qualche capetto troppo fascista, quello è servito sicuramente. Le Br volevano portare a una rivoluzione attraverso l'insurrezione o una guerra di popolo, ma questo è un altro discorso più complesso e sui lunghi termini. Sono state le lotte degli operai in fabbrica che hanno portato a delle conquiste"
Cosa ha pensato quando è stato ucciso Guido Rossa?
"Io ho pensato a un errore politico delle Brigate Rosse, non l'ho pensato solo io ma tutti l'abbiamo pensato. Però ti ripeto quelle erano altre Brigate Rosse diverse da quelle a cui mi sono avvicinato io, se mi sarei avvicinato anche a quelle Brigate Rosse? Penso di sì.
Ma cosa pensavi quando veniva ucciso un carabiniere un poliziotto perché indossava una divisa o un giudice che rappresentava lo Stato?
"Erano nemici - risponde con tono duro Antonello - del resto i carabinieri sparavano ai manifestanti e hanno ammazzato moltissimi compagni durante le manifestazioni, erano sì operai anche loro, ma al servizio del capitale, erano soldati nemici, diciamo questo. Io la pensavo così. Quindi non è che mi toccasse più di tanto. Qualcuno ha detto "ognuno pianga i suoi morti", anche dalla parte nostra ci sono stati molti morti che non c'entravano niente con le Brigate Rosse e la lotta armata eppure uccisi durante delle manifestazioni, quindi c'era una guerra civile, il contesto era quello".
Una domanda sul G8 del 2001, tu le hai vissuto in prima persona?
"Sì e per la prima volta ho visto in azione i black block, mi sono anche infilato in mezzo, tanto che in alcuni video sono stato immortalato che gli dò un'indicazione… ho subito delle perquisizioni per questo, loro, i black bloc mi hanno fatto una buonissima impressione, non spaccavano a casaccio, ma solo i simboli del capitalismo, la loro azione era mirata ed era una forma di lotta che in Italia non avevamo mai visto".