GENOVA - L'ultima tragedia a Genova nei mesi scorsi: un giovane padre separato ha preso il porto d'armi e poi si è tolto la vita con una pistola che aveva appena acquistato perché non riusciva a sopportare di non vedere la figlia. L'ultima goccia la negazione di vedere la piccola anche solo per consegnarle i regali di Natale che era stato costretto a lasciare sul pianerottolo. Il giorno dopo quel papà dopo si è tolto la vita.
Ma i padri separati che si uccidono sono molti ogni anno: in Europa 2000, in Italia 200. Le cifre le fornisce il savonese Mauro Lami, presidente dell'Associazione Papà Separati Liguria che conta di 780 iscritti fra cui un 16% donne. Un numero d'iscritti in continua crescita a dimostrazione del bisogno di aiuto dei papà separati.
"Basti dire - spiega Lami- che i cinque posti letto in tre case che abbiamo in tre case dedicate a Imperia, Strevi (Alessandria) e in vico Cannoni, nel centro storico di Genova, sono sempre occupati e siamo costretti a dire no a molte richieste di uomini che non hanno più neppure un posto letto a causa delle condizioni d'indigenza in cui sono caduti dopo la separazione".
In passato Lami per definire i papà separati con figli aveva usato il termine "babbomat". Lo ribadisce: "Nonostante nuove normative la condizione dei padri non è cambiata e continuano a essere costretti a versare assegni di mantenimento sproporzionati per i figli anche quando la madre lavora e ha stipendi anche superiori a quelli dell'ex marito".
Alla base, sottolinea Lami, ci sonio le grandi e inique decisioni dei giudici che nonostante parlino di affido condiviso in realtà nel 95% dei casi collocano il figlio nell'abitazione delle mamme "e a noi viene concesso di tenerli solo per 12 giorni al mese e non il 50% dei giorni come da noi auspicato, a noi viene anche negato anche di fare rispettare la sentenze, se una madre affidataria non vuole farti vedere il figlio, come è successo con il papà che si è ucciso a Genova, non ha strumenti se non rivolgersi a un giudice con i tempi della giustizia e alla fine al massimo alla mamma arriva una pacca sulle spalle con l'esortazione a non farlo più nonostante le normative prevedono sanzioni".