GENOVA - "Ce l'abbiamo fatta, buona Pasqua", annuncia Stefano Martorana (in basso a sinistra), amministratore del civico 20a di via Terpi, a Montesignano, in Valbisagno, un palazzo che stamane torna a vivere dopo otto mesi. Sono rientrati infatti quasi a sorpresa in casa ventidue delle trentadue famiglie che erano state costrette ad uscire il 20 luglio dello scorso anno per una fronte franoso alla base del palazzo. Un edificio ora messo in sicurezza anche grazie ai sisma bonus, un intervento di oltre un milione di euro. Determinante la volontà degli inquilini, dell'amministratore e del comune di Genova che hanno sempre assistito gli abitanti. "E' stata una grande soddisfazione permettere agli inquilini di tornare a casa alla vigilia di Pasqua" conclude Martorana, che conclude con una battuta: "Qualcuno ha detto che merito una statua? Mi basterà fare finalmente un giorno di festa".
Fra le prime che rientra una novantenne (nella foto in alto l'abbraccio con l'amministratore), che arriva lì accompagnata dalla figlia, dove si è trasferita in questi mesi. L'anziana non ha voglia di parlare, la figlia, Paola, ammette che è stata dura fare uscire dalla sua abitazione una donna di novant'anni.
Presente sul posto anche l'ingegnere strutturista Michele D'Ambrini (in basso a destra), consulente dell'amministratore che ha curato il progetto di messa in sicurezza l'edificio, "il problema che abbiamo dovuto affrontare è stata la stabilità della prima fila dei pilastri che sono molto profondi e negli anni si sono spostati in verticale e di translazione, in avanti con i tutti i danni provocati. Le travi erano già lesionate abbiamo fra l'altro lavorato sotto l'edificio con un monitoraggio continuo per la sicurezza anche nostra e degli operai, un altro problema è stata la grande massa della terra e di calcestruzzo, fra muro di contenimento e platea sono stati gettati seicento metri cubi di calcestruzzo, il palazzo era in movimento dagli anni '70 a poco dopo la costruzione, per metterlo in sicurezza abbiamo lavorato tutti i giorni da quando è stato sgomberato, sì sentivamo la pressione di ridare una casa agli sfollati perché avremmo voluto fare anche prima, ma i lavori erano tanti e sono ancora tanti"