GENOVA-"Michele Donferri Mitelli era di fatto l'esecutore materiale della filosofia dell'ex amministratore Giovanni Castellucci". Dipinge una situazione molto chiara e precisa durante l'udienza di oggi il pubblico ministero Massimo Terrile, che insieme al collega Walter Cotugno illustra i motivi per cui chiederà il rinvio a giudizio dei 59 imputati, oltre alle due società Aspi e Spea, per il crollo del ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 portò la vita a 43 persone.
"La filosofia dell'ex amministratore Giovanni Castellucci" sembra ormai chiara. Risparmiare sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci, Terrile spiega come Michele Donferri Mitelli, l'ex numero tre di Aspi, fosse il vero e proprio esecutore della dottrina, ma non solo: "Donferri fece passare per morto - ha continuato il pm - chi doveva validare il progetto di retrofitting, i lavori di rinforzo delle pile nove e dieci ma che non vennero mai eseguiti perché il viadotto crollò prima, in una mail mandata al dirigente del ministero delle Infrastrutture che chiedeva chi fosse l'ingegnere che doveva validare il lavoro."
La persona "morta" nella mail di Donferri sarebbe l'ingegnere Francesco Pisani, allievo di Riccardo Morandi e progettista dei lavori di rinforzo della pila undici fatti negli anni '90. Pisani venne incaricato di fare un progetto nel 2010 per le altre due pile, ma non se ne fece più nulla: secondo l'accusa a lui, Donferri preferì un ingegnere neolaureato che "rispondesse ai suoi ordini", spiega Terrile.
Il pubblico ministero ha ricordato che esiste una prassi ingegneristica per cui quando si fa un intervento su un'opera importante ci deve essere validazione del progettista originario. Nel caso del viadotto crollato l'ingegnere Morandi era morto e restava il collega Pisani. Ma Donferri, ha spiegato il pm, "risposte che anche quest'ultimo era morto e dunque non poteva validare il progetto".