GENOVA - Paolo Emilio Signorini, l'ex presidente dell'autorità portuale di Genova ed ex ad di Iren, resta in carcere. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni che ha respinto l'istanza di attenuazione presentata dai legali Enrico e Mario Scopesi.
Signorini è in cella per corruzione dal 7 maggio nell'inchiesta che ha terremotato la Regione Liguria e portato agli arresti domiciliari il presidente Giovanni Toti, oltre all'imprenditore Aldo Spinelli. Anche i pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde avevano dato parere negativo all'attenzione della misura.
Signorini si era avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip e poi aveva chiesto di essere sentito dai pm. Ai pm Luca Monteverde e Federico Manotti aveva detto di avere ricevuto telefonate da Toti per accelerare la pratica del Terminal Rinfuse sostenendo che era però una cosa "normale visto che la pratica era del 2019".
L'ex presidente aveva "riconosciuto la sostanziale inappropriatezza di una frequentazione di quello che ha sempre ritenuto e che ritiene tutt'ora un amico. Col senno di poi ho capito che non era un comportamento adeguato, ma tutto il mio operato è stato fatto nell'interesse del porto e degli operatori portuali", aveva detto durante l'interrogatorio.
Secondo Faggioni le "esigenze cautelari sono immutate" e persiste il rischio di "inquinamento probatorio e il pericolo di reiterazione del reato". Nella sua motivazione la gip ha spiegato che il manager ha ritenuto semplicemente "inopportuni" i suoi rapporti con Aldo Spinelli e ha negato di avere ricevuto dall'amico i soldi (15 mila euro) per il matrimonio della figlia, non rendendosi conto "della gravità delle sue condotte".