GENOVA - "A livello di verità processuale oggi non so chi ancora ha ucciso materialmente mio padre, purtroppo però non c'è spazio, almeno per quel che mi riguarda, per il perdono, non saprei neanche chi perdonare, purtroppo l'omicidio volontario genera condizioni irreversibili genera, una morte è un assassino sono condizioni irreversibili, sono per sempre, ognuno dovrà far capo la propria coscienza".
Lo ha detto a Primocanale Massimo Coco, figlio di Francesco Coco, il procuratore generale di Genova ucciso alle 13,38 dell’8 giugno 1976 dalle Brigate Rosse in salita Santa Brigida, nel centro storico, insieme ai suoi uomini della scorta, Giovanni Saponara e Antioco Deiana. Fu il primo omicidio compiuto dalle Br in Italia e da allora iniziò una scia di sangue che sconvolse l’intero Paese.
Massimo Coco è intervenuto come ogni anno alla celebrazione dell'eccidio, quest'anno a causa di lavori non svolta in salita Santa Brigida ma sotto la targa dei giardini di Carignano dedicati al padre.
Presenti le autorità della città e gli iscritti dell'Associazione vittime del terrorismo che hanno organizzato la manifestazione.
Coco, insegnante di violino, ha ammesso che che la musica lo ha aiutato a sopravvivere all'uccisione del padre, trucidato per avere rifiutato la trattativa con le Brigate Rosse e dicendo no alla liberazione di alcuni terroristi in cambio del magistrato Mario Sossi, come era già stato disposto dalla Corte d'appello.