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Cronaca

4 minuti e 7 secondi di lettura
di Maurizio Rossi

Inizia oggi un “diario” di quello che sto vivendo e che vive Primocanale.

Come ho scritto in un articolo il 15 luglio (LEGGI QUI) “Ogni editore e giornalista dovrebbe essere indagato una volta per capire quello che si vive e quello che ti fa vivere certa stampa nel periodo precedente ai processi”. Il mio obiettivo è vivere insieme a tutti coloro che avranno voglia di leggere il mio Diario, un'inchiesta nei suoi vari momenti, il giornalismo persecutorio, i giornalisti sadici che provano piacere a massacrare specifiche persone e posizioni che comunque creano vantaggi a una parte politica, danneggiano l’immagine di alcune persone, aziende, politici, imprenditori, modificano l'andamento economico di un territorio intero.

Ho pensato diverse volte di farlo dal 7 maggio ma poi si va avanti nel quotidiano, hai persone che tengono a te, alcuni dipendenti, collaboratori, e anche alcuni amici che ti deludono fortemente, ai quali vengono forti dubbi su di te, altri soggetti inaspettati che ti manifestano pensieri che non avresti mai creduto potessero arrivare da questo o quello così belli e di condivisione. Un caso incredibile, un personaggio, con cui non abbiamo particolare simpatia, ma in questa occasione si è espresso in modo straordinario e penso diventeremo “buoni conoscenti” con grande rispetto reciproco. Di fatto in questi momenti si riscrive la lista un po' di tutti quelli che conosci e ti circondano, fai un bel repulisti, e aggiungi magari qualcuno di nuovo.

Ma questo passaggio non è solo la mia vita o quella della mia azienda, dopo 47 anni di lavoro dal 1977 a Radio Genova Sound quando avevo solo 20 anni. Non elenco tutto quello che ho fatto nella mia carriera, penso che tutti sappiate quanto e come Primocanale sia stata vicino al territorio, ai cittadini. Questo passaggio di questa inchiesta rappresenta un momento, come sempre accade a Genova, di rottura vera nazionale del rapporto tra magistratura, politica, giornalismo per me pseudo giornalismo giustamente denominato “forcaiolo e giustizialista” e aggiungo con specifici interessi da difendere di questo o quello: amici, potenti, editori “vergini” vecchi e nuovi. Editori: ci sono i puri e gli impuri. I puri sono quelli ormai pochissimi come me che non hanno altri interessi al di fuori dell’azienda editoriale, gli impuri sono quasi tutti gli altri.

Porto un esempio, Fiat gruppo Agnelli Elkann, giganti mondiali che avevano ed hanno la Stampa come anche il Secolo da più di 10 anni. Scriverebbero mai che le auto sono da eliminare? L'interesse dell’editore “impuro” sono altri interessi al di fuori del giornale o media che detiene. Il suo obiettivo è avere un media che esprima potere, può perdere anche 6 milioni all’anno ma se persegue l’obiettivo aziendale va bene, ne guadagnerà in potere politico, nel portare avanti le filosofie industriali utili al suo gruppo, condizionerà la concorrenza che temerà eventuali attacchi. Primi ad essere filogovernativi sono stati gli Agnelli, che di fatto volevano avere un ottimo rapporto con i governi che si succedevano di ogni colore politico, per condizionare anche i contributi per miliardi, decine di miliardi di euro che Fiat ha avuto per poi vendersi ai francesi.

Poi proprio loro quanti problemi di indagati e condannati hanno in casa? Per la Juventus, per le eredità di famiglia per cui si scannano? Oggi sono il gruppo Gedi che del Secolo pare se ne interessi molto poco, ci perdono soldi e cercano di vendere tutte le testate locali ma il Secolo a chi? Ad un altro imprenditore di potenza mondiale, la new entry del mondo dell’informazione, il Comandante Aponte con a fianco il fido scudiero all’Havana, anzi no scusate da lì è rientrato, scudiero e amico personale a Genova, Alfonso Lavarello. Loro stanno comprando Il Secolo XIX, diventano miei concorrenti diretti, il primo concorrente e non sarà un caso che nell’intera inchiesta sono stati trattati con i guanti di velluto sia dal giornale sia dalla magistratura. Nulla su di loro è trapelato, gli unici.

Come quelli vicino a loro ad esempio San Giorgio, che non è il palazzo anche se sempre di quel Palazzo si parla. San Giorgio Carozzi, ex giornalista de Il Secolo XIX per decenni specializzato in portualità che era di fatto l’agente all’Havana anzi, scusate, a Palazzo San Giorgio come membro del comitato portuale, proprio del gruppo del Comandante tramite Lavarello. Carozzi oltre che portare fuori da Palazzo dell’Autorità bozze di delibere (non credo sia consentito ma forse a lui sì) le consegnava a Lavarello che le modificava e le riconsegnava e Carozzi che seguiva esattamente la strada indicata da Ginevra (non credo che anche questo sia del tutto regolare ma magari mi sbaglierò).

Poi Carozzi, da ex del Secolo, aveva il canale privilegiato con alcuni giornalisti come ad esempio uno specialista del porto che spesso tratta argomenti di vari personaggi compreso quel Vianello di Ente Bacini, “l’uomo della sinistra in porto”, e di cui parlava, scriveva e conduceva eventi con un grande entusiasmo. E così per molti altri. Ma su questo semmai ci torneremo in una prossima puntata del diario.