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Cronaca

Dopo le 59 richieste di rinvio a giudizio per il crollo di ponte Morandi
1 minuto e 18 secondi di lettura
di Elisabetta Biancalani
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GENOVA - "Io chiederei a Castellucci, se lo avessi di fronte, come fa a guardarsi allo specchio al mattino. Io sono sereno perchè lavoro onestamente e non ho mai fatto male a nessuno, ma lui come fa?". Andrea Bruno viveva nella prima casa di via Porro, a Genova Certosa, che si affaccia sulla Radura della memoria, il ricordo delle 43 vittime del crollo di ponte Morandi. Lui, come altre centinaia di persone, ha dovuto lasciare la sua abitazione, cambiare anche un po' vita, dopo che la viabilità è impazzita per mesi e mesi, rendendo il quartiere un vicolo cieco e mandando in titl il commercio (ha una pescheria).Così si rivolgerebbe all'ex numero uno di Autostrade. Ancora oggi paga lo stress di quanto accaduto, non si fa ragione dei soldi, 9 miliardi, dati dallo Stato ad Autostrade. Nulla certo, il suo stato d'animo, rispetto a quello dei parenti delle vittime. Ma il giorno dopo la richiesta di rinvio a giudizio per 59 persone, siamo andati a sentire che cosa ne pensano i residenti e commercianti di Certosa, all'ombra del nuovo ponte Genova San Giorgio. 

 

 

"Credo che nulla sarà mai più come prima, in questo quartiere. La gente certo è tornata, ma sui nostri cuori peserà per sempre la tragedia del ponte - spiega Enzo Greco, presidente del Centro integrato di via - alcuni negozi hanno chiuso, certo anche per colpa del Covid. Noi temevamo che ci fosse una condotta errata di Autostrade ma leggere sui giornali e vedere in tv quello che emerge dall'aula del processo fa ancora più male, perchè ora è una certezza. E' vergognoso".