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Cronaca

Si riparte mercoledì dopo la pausa estiva: i giudici potrebbero disporre un'integrazione tecnica su cause crollo per capire se il degrado della struttura era generalizzato o localizzato sul punto dove è originato il crollo
1 minuto e 55 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA - Ricomincia alle ore 10 di mercoledì prossimo, 11 settembre, con l'interrogatorio degli ultimi consulenti di alcuni dei 58 imputati il processo per la strage del Ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 ha provocato la morte di 43 persone.


Dopo lo stop estivo il collegio dei giudici composto da Paolo Lepri, Ferdinando Baldini e Fulvio Polidori, la fase dibattimentale dovrebbe essere chiusa il 18 settembre, mentre il 23 settembre i giudici dovrebbero conferire un'integrazione alla perizia al centro dell'incidente probatorio sulle cause del crollo.

Fra gli obiettivi capire se il degrado riscontrato nel reperto 132 della pila nove che ha originato il crollo era esteso anche al resto della struttura, come ipotizza l'accusa per contrastare la linea difensiva che punta l'indice sul difetto di costruzione nascosto dai costruttori.
Altro enigma, richiesto dalle difese, capire come avrebbero dovuto intervenire gli imputati nel caso avessero scoperto il difetto di costruzione visto che i pm accusano di non avere svolto un'adeguata manutenzione del ponte.

L'integrazione di perizia è in linea con la recente pronuncia della Corte di Cassazione relativa alla strage ferroviaria di Viareggio secondo la quale i magistrati quando si esprimono su questioni molto tecniche nelle motivazioni devono richiamare più puntualmente rispetto al passato il "sapere tecnico" alla base delle proprie considerazioni.
L'integrazione di perizia potrebbe avere allungare i tempi del processo di almeno 90 giorni come previsto delle normative, ma esiste infatti la possibilità che in attesa dell'esito dei tecnici i giudici proprio per evitare una dilatazione eccessiva possano chiedere di ascoltare i numerosi imputati che hanno preannunciato di voler rilasciare dichiarazioni spontanee. Richieste che potrebbero ricevere pochi riscontri visto che la procedura prevede che la scelta in quale fase del processo parlare sia decisa dalle difese.
 
L'imputato numero uno del processo Giovanni Castellucci, ex numero uno di Autostrade per l'Italia, ad esempio, aveva confidato di volere parlare solo dopo la fase tecnica e appare scontato che lui non parlerà prima dell'eventuale esposizione dell'integrazione di perizia, dopo la quale ci sarà un fitto e duro confronto fra i tecnici delle parti, allungando i tempi almeno sino alla pausa estiva del prossimo anno.
 
Alla sbarra nel processo ci sono 58 imputati, tra cui gli ex vertici di Aspi e Spea: impossibile per ora prevedere quando ci sarà la sentenza, proprio a causa dell'integrazione di perizia si ipotizza che la fine del processo non possa arrivare prima del 2026. 

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