Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Paolo Robotti, fratello di Alessandro, una delle 43 vittime del crollo di Ponte Morandi, presente in aula nei giorni scorsi nel corso dell'udienza preliminare del processo per il crollo del ponte.
"Non ero mai stato in un aula di tribunale ma l'ho fatto per mio fratello Alessandro e per sua moglie Giovanna. Sono stato in aula a sentire una parte della straordinaria requisitoria del dott. Terrile e tutto in quei momenti mi è apparso terribilmente e tragicamente chiaro.
Quasi scontato.
La richiesta di rinvio a giudizio dei PM ha generato una sorta di euforia in me e forse anche negli altri membri del Comitato dei Parenti.
Signore e signori lo spettacolo è finito. Giustizia è stata fatta. Sappiamo che non è così.
I giorni che verranno saranno i più bui.
Se è stato difficile stare in aula fino ad oggi, domani sarà molto peggio. Credo che i legali di Castellucci & Company (per dovere professionale, per carità) ci condurranno nei bassifondi delle nostre coscienze. Metteranno a dura prova i nostri nervi già logorati da anni di attesa.
Ma sarà ancora più importante essere presenti. E vigili.
Alle loro parole opporremo i nostri occhi.
Ai loro cavilli giuridici opporremo la dignità dei nostri volti.
Saremo li per i nostri cari.
Ma saremo li anche per le milioni di persone che hanno giocato per anni alla roulette russa del Ponte Morandi, prima che la ruota si fermasse sul numero 43.
Saremo li a testimoniare per qualcosa che riguarda tutti e per questo avremo bisogno del supporto e dell'abbraccio da parte di tutti.
Di donne e uomini veri e di giornalisti veri.
Il processo del Ponte Morandi non è la guerra del Bene contro il Male o la battaglia tra la Verità e la Menzogna.
E' l'ultimo respiro di un'idea d'Italia.
E' l'ultimo treno della sera, quello da non perdere per tornare a casa.
E' l'ultima occasione per svegliarci un mattino e sentirci felici di essere in Italia".
*Paolo Robotti fratello di Alessandro