Carcere a vita per i due egiziani che nel luglio del 2023 hanno ucciso a coltellate il giovane connazionale Mahmoud Abdallah in un'abitazione di via Vado a Sestri Ponente gettando poi il suo corpo mutilato di testa e mani nel mare di Chiavari, un ragazzo ucciso perché pretendeva una retribuzione adeguata e voleva andare a lavorare in un altro negozio.
L'ha deciso la Corte d'assise accogliendo in pieno la richiesta del pm Daniela Pischetola titolare delle minuziose indagini svolte dai carabinieri grazie a testimonianze, intercettazioni e riprese delle telecamere di sorveglianza
Le scuse ai familiari di Mahmoud
I due imputati prima della sentenza aveva chiesto scusa ai familiari della vittima.
Kamel Abdelwahab detto Tito, ha riferito che prima di quell'"incidente", così lo ha definito, non aveva mai litigato con la vittima, di fatto ammettendo le sue colpe.
Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, detto Bob, invece ha giurato su Dio e sulla memoria di sua madre e di suo padre che con l'omicidio non c'entra.
Durante le indagini Bob e Tito si erano accusati a vicenda. Il pm per dire che i due sono entrambi colpevoli ha sottolineato il fatto che pochi ore prima avevano acquistato una mannaia poi usata per decapitare e tagliargli le mani a Mahmoud nel goffo tentativo di non renderlo identificabile.
Il dolore del fratello della vittima
In lacrime il fratello maggiore della vittima, che aveva auspicato l'ergastolo per i due imputati
L'avvocato Calandra che assiste Bob ha già annunciato ricorso per provare che il suo assistito non è un assassino, i legali Di Salvo e Germinni che difendono Tito invece puntano alla diminuzione della pena cancellando le aggravanti.
LA CRONISTORIA
Arriva oggi la sentenza nei confronti di Mohamed Alì Abdelghani (detto Tito), e Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel (detto Bob), che il 23 luglio del 2023 hanno ucciso e poi fatto a pezzi Mahmoud Abdalla, barbiere di appena 19 anni, che aveva minacciato di lasciare il lavoro e denunciare i titolari del negozio perché non veniva pagato abbastanza.
In attesa della sentenza Bob accusa Tito
Bob Mohamed Aly ha detto: "È stato solo Tito ad uccidere Mahmoud Abdalla (nella foto), io ho cercato di difenderlo e per mezz'ora di dissuaderlo a non farlo, ma lui ha proseguito, ha usato un coltello che nascondeva nei pantaloni e che avevamo comprato insieme in un negozio, ma io non sapevo delle sue intenzioni".Secondo Tito Abdelwahab Kamel, invece, Bob avrebbe minacciato Mahmoud, poi, dopo una sua reazione lo avrebbe colpito con un pugno al volto molto forte. Mahmoud, stordito, sarebbe andato in cucina dove avrebbe trovato coltello e mannaia e si sarebbe diretto verso Bob: "Io ho solo cercato di disarmarlo ferendomi e nella colluttazione ho involontariamente colpito con una coltellata Mahmoud alla pancia. Poi ho visto Mahmoud a terra e Bob prenderlo a calci e dargli diverse coltellate".
Cadavere smembrato e gettato in mare
Ruota intorno a queste due diverse verità riferite dai due imputati la sentenza per il delitto del barbiere egiziano di 19 anni Mahmoud Abdalla ucciso nel luglio dell'anno passato in un'abitazione di via Vado a Sestri Ponente e poi trasportato in taxi a Chiavari in due grosse valige e gettato in mare. Sotto accusa il gestore del negozio, Tito, e Bob, il fratello del titolare, che il giorno del delitto era in Egitto e da allora non è più rientrato.
Il verdetto potrebbe essere emesso oggi dai giudici della Corte di Assise presieduta da Massimo Cusatti: I due imputati rischiano l'ergastolo per l'omicido e la soppressione del cadavere aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e abietti, come richiesto dal Pm Daniela Pischetola.
Il pm chiede carcere a vita
Sarà proprio il magistrato ad avere oggi il diritto di replica dopo le arringhe dei due difensori nell'ultima udienza, poi toccherà ancora alle difese ed eventuali dichiarazioni degli imputati, quindi la corte potrebbe chiudersi in camera di consiglio per emettere il verdetto, che potrebbe arrivare a fine mattinata o nel pomeriggio.
Il barbiere chiedeva retribuzione più adeguata
Mahmoud, secondo quanto emerso durante le indagini, voleva denunciare ai sindacati le condizioni di lavoro a cui era sottoposto perchè assunto nella barberia di Chiavari per lavorare quattro ore al giorno ne lavorava molte di più, come ha confermato lo stesso Tito in aula ed emerso già durante il processo.
I due imputati si trovano in carceri diversi, Tito in Piemonte e Bob a La Spezia.