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Cronaca

Chiesti per problemi personali ad uno dei periti. Oggi riunione tecnica fra consulenti degli imputati e periti che hanno chiesto più tempo per la relazione integrativa richiesta dai giudici per stabilire se è stato fatto il possibile per evitare il crollo
2 minuti e 29 secondi di lettura
di Michele Varì

Tempi del processo Morandi sempre più lunghi. Slitta infatti a inizio febbraio 2025, si ipotizza a lunedì 3, la fine della perizia tecnica integrativa avviata dai periti del tribunale per spiegare ai giudici le cause del crollo e se il cedimento poteva essere evitato. Il ritardo è giustificato: un piccolo intervento chirurgico a cui è stato sottoposto uno dei periti chiamati a rispondere al quesito dei giudici.

Il quesito dei giudici

L'allungamento dei tempi è trapelato nelle scorse ore, alla vigilia della riunione tecnica a porte chiuse che si terrà oggi, mercoledì 7 novembre, nella tensostruttura di palazzo di giustizia di Genova fra i consulenti degli imputati e i periti del tribunale del processo. Periti che in sede di perizia integrativa dovranno dare una risposta ai quesiti posti dai giudici Lepri, Polidori e Baldini, i quali in vista della sentenza vogliono capire se si poteva prevenire il crollo e se la corrosione della pila 9, da cui è originato il distacco, è arrivata dall'esterno per la mancata manutenzione o causata dal difetto di costruzione scoperto proprio in sede di incidente probatorio.

Quel difetto nascosto sulla pila 9

La prima fase del confronto fra i tecnici è documentale, sul materiale già oggetto dei due incidenti probatori, ma non si esclude che i periti non possano anche richiedere delucidazioni a testimoni e agli imputati.

I pm Terrile (che è andato in pensione da alcuni giorni), Cotugno e Airoldi sottolineano che il crollo è avvenuto per scarsa manutenzione e il cedimento dell'unica pila, la 9, che  fra il "91 e il '93 non era stata rinforzata come invece era accaduto per le pile gemelle 10 e 11.

La difesa: non potevamo sapere

La difesa afferma che le prove riflettometriche - ritenute non affidabili dall'accusa  - garantivano che la 9 era sicura sino al 2030 e che in realtà non fosse così è stato scoperto solo dopo la tragedia quando durante gli incidenti probatori si è accertato per la prima volta un difetto di costruzione al vertice della 9.

Un buco a dire della difesa che non si poteva scoprire perché molto in profondità e nascosto dai costruttori, un vizio che invece per l'accusa si è aggravato e non è mai stato scoperto per la mancata manutenzione che ha consentito infiltrazioni dall'esterno e la corrosione degli stralli di acciaio annegati nel calcestruzzo.

Il verdetto sulla tragedia del Morandi che il 14 agosto del 2018 ha provocato la morte di 43 persone sarà inevitabilmente legato all'esito dell'integrazione di perizia richiesta dai giudici.


Reperti visionati dai nuovi consulenti

I periti in linea teorica hanno 60 giorni di tempo per rispondere ai quesiti dei giudici che chiedono se il fatale difetto della pila 9 è stato causato da infiltrazioni o dal vizio di costruzione e se era diagnosticabile.

Trapela poi che i  nuovi consulenti degli imputati il 30 ottobre, come richiesto in aula, il 30 ottobre hanno visionato i reperti del ponte nei due siti in cui sono stoccati: a Campi e ad Arvigo di Sant'Olcese.

Nell'ultima udienza è stato deciso che il 2 e 3 dicembre saranno ascoltati i due imputati, l'ex dirigente di Spea Maurizio Ceneri e l'ex dirigente Aspi Paolo Strazzullo, che hanno chiesto di rilasciare dichiarazioni spontanee.

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