Chi dispera, "ormai è tardi" e chi invece spera, "era l'ora", ma anche chi ribadisce la solfa di una città "porto delle nebbie", dove tutti sanno ma nessuno parla.
Fra speranze e delusioni
Regala uno spaccato delle contraddizioni di una città di provincia il viaggio nel centro di Chiavari per tastare il polso dei chiavaresi dopo la svolta del col case del delitto di Nada Cella, che ha permesso di rinviare a giudizio dopo 28 anni una presunta assassina, Anna Lucia Cecere, e due presunti complici, accusati di avere mentito al pm e avere favorito Cecere, il commercialista Marco Soracco, datore di lavoro della vittima, e l'anziana mamma Marisa Bacchioni.
Ventotto anni fa troppi errori
Il processo ci sarà il 6 febbraio, fra pochi mesi, nel frattempo i chiavaresi si spaccano, fra chi è felice per la svolta, e chi è arrabbiato per i ritardi e gli errori, certificati pure dai giudici della Corte di Appello, errori del gip che aveva assolto i tre indagati dando per scontato che l'alibi di Cecere fosse stato verificato nel '96, cosa, ed è questo solo uno dei clamorosi errori commessi ventotto anni fa da pm Gebbia e da polizia e carabinieri che hanno eseguito per troppi anni l'ordine del magistrato di non parlarsi, come invece avrebbero dovuto fare per coordinarsi.
Due testimonianze specchio della cittadina
Le testimonianze più significative forse sono la prima e l'ultima della nostra carrellata: nella prima una donna di dice dispiaciuta e auspica sia fatta giustizia, per poi alla seconda domanda prendendo le distanze, "ma io non sono di Chiavari, sono di Carasco", e qui si capisce bene la difficoltà degli inquirenti a identificare l'anonima che telefonò alla mamma di Soracco accusando Anna Lucia Cecere, una carta che potrebbe risultare decisiva per le sorti degli indagati; l'ultimo abitante appare indeciso come Chiavari se stare da una parte o dall'altra, "qui tutti sapevano ma nessuno parla" per poi aggiungere "Cecere? La vedevo qui in giro, che tipo è? E che ne so io..."