Cronaca

Accolti i ricorsi dei legali dei due fratelli, condannati dalla corte d'appello di Milano a 21 e 14 anni
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di Silvia Isola

La Cassazione si è nuovamente pronunciata per l'omicidio di Pasquale Scalamandré accogliendo le attenuanti: i legali dei due fratelli Alessio e Simone, che la corte d'appello di Milano aveva condannato a 21 e 14 anni di carcere, hanno fatto ricorso dopo che la Cassazione aveva già annullato una prima volta la sentenza, chiedendo alla corte d'appello di ridurre la pena e di valutare meglio il quadro. 

Il bilanciamento della pena

Per la seconda volta, la Cassazione ha annullato la sentenza, accogliendo per Alessio, difeso dai legali Luca Rinaldi e Andrea Guido, il bilanciamento sia per la provocazione sia per le circostanze, mentre per Simone, allora ventenne, soltanto quello per le circostanze, mentre viene rigettato nel resto il ricorso degli avvocati Riccardo Lamonaca e Nadia Calafato. Alessio agli arresti domiciliari ha già scontato 4 anni e tre mesi e può auspicare a ottenere tra i 9 anni e 4 mesi e i 14 anni di pena.

Il caso

Era l'agosto del 2020, quando il figlio maggiore, Alessio, in preda ad una lite scaturita dall'ennesima richiesta dell'uomo al figlio maggiore di ritrattare le sue accuse circa i maltrattamenti e le minacce alla madre che avevano costretto la donna a lasciare la città per trasferirsi in una comunità protetta in Sardegna, non ha più ragionato. Dopo una colluttazione, i ragazzi aggrediscono insieme il padre, con pugni e calci, con un mattarello, una statua di marmo, senza più riuscire a fermarsi. Entrambi i fratelli erano stati condannati in primo grado, mentre in appello il minore era stato assolto. Il padre in pubblico era apparentemente gentile e premuroso, ma poi fra le mura di casa veniva preso da una gelosia ossessiva capace di rendere impossibile la vita a tutta la famiglia. La madre, Laura Di Santo, pur ossessionata dalla gelosia del marito e più volte volte picchiata, non aveva mai riportato ferite da costringerla a farsi medicare al pronto soccorso. "E' stato uno degli errori che ho fatto", ha ammesso successivamente dopo il delitto. 

La pena

21 anni era la pena minima che non poteva essere scontata nel caso dell'omicidio di un genitore, ma il pronunciamento della Corte Costituzionale ha poi decretato l'illegittimità dell'articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull'aggravante di un delitto commesso in ambito familiare. 

 

 

 

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