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Cronaca

La rabbia di un triagista del Galliera che per fare quel lavoro ha lasciato il posto di autista all'Amt: "Ogni notte ognuno di noi oggi deve curare dai 60 ai 70 pazienti, dieci anni fa erano 15…"
2 minuti e 53 secondi di lettura
di Michele Varì

Non è pentito di avere scelto di fare questo lavoro, perché lo vive come una missione: quella di aiutare la gente e chi ha bisogno.

Luca Mantero, triagista del Galliera, delegato della Cgil funzione pubblica, è fra gli operatori dei pronto soccorso scesi in piazza per chiedere dignità e condizioni di lavoro migliori. Lui che per fare l'infermiere ha cambiato vita dopo diciotto lunghi anni da autista e meccanico alla Amt, "potevo andare in pensione così" dice. Ma non è pentito della scelta, "lo rifarei perché questo è il mestiere con cui mi realizzo".

Ma adesso, denuncia, fare l'infermiere al pronto soccorso è molto più difficile di dieci anni fa.

"Quando ho iniziato in pronto soccorso in turno eravamo in quattro e riuscivamo ad fare turni di notte decenti perché avevamo dieci o quindici pazienti da monitorare. Adesso sono sessanta o settanta pazienti tutte le notti per soli sei infermieri e quattro operatori sociosanitari che svolgono, fra l'altro, anche il servizio di barellamento come non avviene in altre strutture cittadine".


Un tracollo, aggiunge l'infermiere, "che sembra non abbia fine, sembra un pozzo senza fondo e noi per questo non ce la facciamo più".

La lotta per chiedere più dignità nei pronto soccorso è iniziata dal Galliera con un flash mob. "Ma speriamo che anche gli altri colleghi approfittando anche di questo stato di agitazione ci seguano" aggiunge Mantero, che poi sogna, anzi, auspica: "Sarebbe bello coinvolgere al nostro fianco anche la cittadinanza perché non dimentichiamoci che la salute è di tutti".


L'infermiere aggiunge che il suo lavoro gli piace ancora tantissimo. "Purtroppo le condizioni sono cambiate peggiorate, ma noi dobbiamo cercare di cambiarle".

Poi il triagista ripercorre la sua vita: "Per anni ho fatto tutt'altro e mi sono avvicinato all'infermieristica perché il lavoro che facevo non mi dava la soddisfazione, non mi sembrava di essere al servizio della gente e l'infermiere, invece, è chiaramente al servizio della gente".

"La parte più bella è quando si riesce a dare una speranza alla gente che sta male, l'aspetto più triste invece è l'impotenza che abbiamo di fronte alle condizioni che, non per colpa nostra, devono sopportare i pazienti, è quella la frustrazione più grande ed è per quello che dal 2019 stiamo facendo questo proteste, per avere condizioni di lavoro migliori, avere ad esempio un posto di polizia notturno di cui necessitiamo come fosse il pane, ma anche a questo la politica non dà risposte".

L'infermiere poi parla delle violenze che subiscono gli operatori del pronto soccorso: "Purtroppo ci sono numerosi episodi, tanti a volte non vengono neanche denunciati perché tanto sembra inutile farlo. Le violenze verbali e le aggressioni e ci sono quotidianamente perché giustamente le persone non capiscono, e hanno ragione a non capire. Ad esempio vorrebbero l'apertura delle visite dei familiari, ma nei pronto soccorso non è possibile perché non c'è spazio neppure per i malati. Ma non è colpa nostra".

Mantero alla domanda se sceglierebbe ancora di lasciare il posto da autista per fare l'infermiere risponde con un secco "assolutamente sì", e poi spiega il perché: "L'ho scelto in età avanzata visto che per 18 anni ho fatto l'autista della Amt e il meccanico. La passione per la sanità mi è venuta vivendo nel mondo delle pubbliche assistenze e del volontariato dell'ambulanze, poi a quarant'anni ho intrapreso l'università e mi sono laureato. Ho anche avuto una parentesi al 118 di Sassari e all'ospedale Evangeliche. Sì, rifarei tutto, ma non a queste condizioni, per questo finché avrò voce cercherò di cambiare le cose".

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