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Cronaca

L'ex amministratore delegato di Aspi oggi in aula per ascoltare i consulenti di Autostrade per l'Italia che ribadiscono tesi difesa: "Vizio occulto di costruzione impossibile da diagnosticare"
2 minuti e 23 secondi di lettura
di Michele Varì
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È confermato che entro la fine di marzo al processo Morandi parlerà l'imputato più importante Giovanni Castellucci, l'ex amministratore delegato di Aspi dovrebbe rilasciare dichiarazioni di spontanee come preannunciato da quasi un anno.
Oggi Castellucci è in aula alla ripresa delle udienze per ascoltare la deposizione dei consulenti tecnici di Aspi che sostengono che il difetto del ponte non poteva essere intercettato perché mai rivelato dai costruttori e situato all'interno della pila 9 dove era quasi impossibile da diagnosticare.

Per il manager rischio carcere

Castellucci vive giorni difficili perché è in attesa della decisione della Cassazione, prevista per il primo aprile, sulla condanna in appello a sei anni per la tragedia del viadotto Acqualonga, ad Avellino dove un pullman finito in una scarpata provocò la morte di 40 persone: se venisse confermata la sentenza potrebbe finire in galera.

Quel vizio occulto per Aspi non diagnosticabile

Il primo a parlare è l'ingegnere Andrea Del Grosso che ha sottolineato come non fosse facile intercettare il vizio occulto visto che nei documenti ufficiali del ponte non c'era nessuna traccia di quel difetto che sarebbe stato la causa del crollo e della tragedia. Un difetto che si pensava fosse stato scoperto solo dopo la strage del 14 agosto 2018 in occasione dell'incidente probatorio, ma una email fra due imputati del 2011, inviata dall'ingegnere Massimo Meliani (allora responsabile tecnico del primo tronco ) all'ingegnere Maurizio Ceneri (ex dirigente Spea) presentata dai periti del tribunale nelle scorse udienze smonterebbe questa linea difensiva visto che già allora, sette anni prima del crollo, parlando del georadar ci si poneva il problema di quale tecnica diagnostica adottare per controllare eventuali difetti sulla sommità della pila 9, di fatto il reperto 132 che ha causato il collasso del viadotto.

Ma per l'accusa sapevano e dovevano intervenire

Per l'accusa e i periti del tribunale incaricati di una perizia integrativa sul viadotto andavano fatte "ispezioni visive con scassi locali che avrebbero rilevato le difformità dal progetto originario". Ispezioni obbligate anche per via dalle prime ispezioni che avevano rilevato difetti alla sommità delle pile 10 e 11 e che avevano determinato la necessità di eseguire un intervento di sostituzione degli stralli per la pila 11 e di rinforzo per la pila 10. "Considerata la scarsa attendibilità - hanno ribadito i periti del tribunale - delle indagini di tipo non distruttivo come le prove riflettometriche eseguite nel tempo sugli stralli dei tre sistemi bilanciati del viadotto, ai fini della individuazione dello stato di ammaloramento dei cavi degli stralli, l'unica modalità di verifica era costituita dalle ispezioni visive con scassi, locali e carotaggi"

Il processo per la tragedia del crollo Morandi costata la vita a 43 persone vede alla sbarra 58 persone fra cui i vertici di allora di Autostrada per l'Italia, di Spea e dirigenti del ministero delle infrastrutture e alcuni consulenti.

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