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Cronaca

Fra i tecnici Aspi indagati oggi in aula anche il sampierdarenese Agnese: "Sono vicino alle famiglie delle vittime, sono nato e giocavo sotto il ponte che chiamavamo Brooklyn e lo vedevamo indistruttibile, ci passavo con moglie e figli, crollo inspiegabile"
2 minuti e 58 secondi di lettura
di Michele Varì
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"Io sono nato in via Reti, a Sampierdarena, da bambino dalla mia stanza vedevo il Morandi, che per noi era il ponte di Brooklyn, un titano indistruttibile...".

Lo ha detto alla fine delle sua difesa durata meno di un'ora Paolo Agnese (nella foto), geometra genovese, uno dei tre imputati Aspi del Morandi che oggi hanno rilasciato dichiarazioni spontanee. Al tecnico vengono contestate responsabilità quanto si occupava di manutenzione per il tronco di autostrade di Genova, dal 2010 al 2013, che lui ha rigettato sottolineando che il suo compito era la manutenzione ordinaria, come pulire le cunette, mentre le grandi opere come il Morandi erano controllati dagli uffici centrali di Roma di Autostrade per l'Italia.

"Vedevo il ponte dalla mia cameretta"

Assistito dall'avvocato Marcello D'Ascia, Agnese ha parlato a lungo di come ha vissuto la tragedia: "Voglio prima ribadire il cordoglio alle vittime e la vicinanza ai parenti, io da genovese di Sampierdarena, dove abito tutt'ora, sono stato male e colpito in maniera profonda da questa immane catastrofe, una cosa di cui non mi capacito, io nato via Reti, la strada che si congiunge con via Fillak, dalla mia camera affacciandomi vedevo il ponte con gli occhi di bambino, su cui sarò passato migliaia di volte, anche per andare al mare a Cogoleto e a Varazze, e ho continuato a passarci con i miei figli e mia moglie, la mia famiglia, il fatto di essere coinvolto in questo processo mi ha sorpreso, perché con umiltà penso di avere sempre agito nell'interesse della comunità, quando dopo sette mesi mi hanno indagato mi sono sentito devastato, una novità inaspettata e sofferta perché non potevo chiarire la mia posizioni sin dall'inizio, questo mi ha sconvolto, mi ha cambiato l'approccio alla vita, saranno cose che succedono, ma io sono rimasto segnato, pensare di essere accusato di negligenze o di essere  irresponsabile mi offende, al contrario sono una persone affidabile e con un altro alto senso di responsabilità, per questo faccio fatica a superare questa situazione".

Tutti gli imputati: "Vicini alle vittime"

Anche gli altri due tecnici di Aspi imputati, che hanno rilasciato dichiarazioni spontanee, prima Matteo De Santis (difeso dall'avvocato Danilo Cilia), responsabile ufficio progettazione, sorveglianza opere strutturali e gallerie, e poi Luca Frazzica, responsabile ufficio coordinamento opere strutturali, nel difendersi dalle accuse hanno ribadito la loro vicinanza e il loro cordoglio ai familiari delle vittime e ai genovesi. I tre imputati sono ancora tutti alle dipendenze di Aspi, come ha sottolineato l'avvocato D'Ascia.

Il tecnico: "Mai avvertito problematiche sul ponte"

"Il crollo ha cambiato la vita di tante persone - ha spiegato Frazzica -, ma anche la mia e della mia famiglia, io nell'immediatezza, mi sono subito messo a disposizione dell'azienda per cercar di fare il possibile, ancora adesso da ingegnere non riesco a comprendere, io non potevo fare niente di concreto, né lanciare l'allarme visto che non avevo mai avvertito che ci fosse nessun tipo di problematica, la tragedia ha segnato la mia vita familiare e professionale, io sono ancora in Aspi, ma sono congelato, in un ruolo marginale e senza motivo, senza responsabilità, prima di essere indagato avevo chiesto all'azienda di farsi parte attiva per capire il perché del crollo, la mia vita è cambiata al 14 agosto 2018 e spero che questo si percepisca, perché ha segnato non solo me ma anche la mia famiglia, vorrei che questo dibattimento sia anche un momento per riflettere, nel rispetto delle vittime, anche per chi è stato coinvolto ingiustamente".

 

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