Si infittisce il giallo sulla morte del boss mafioso di Sciacca Totò di Giangi. I familiari del fedelissimo di Totò Riina, 79 anni, trovato morto sabato sera scorso verso le 20,30 sui binari della galleria ferroviaria che separa la stazione di Genova Principe da quella di Brignole, dopo essere stato appena scarcerato a causa di "deficit cognitivi". L'uomo, che era appena sceso da un treno alla stazione Principe, si è incamminato lungo i binari in direzione levante quando sarebbe stato investito da un treno merci in transito. Nelle sue tasche un biglietto ferroviario, forse per una coincidenza che lo avrebbe portato verso il comune di Sciacca, in Sicilia, la sua città natale.
Genova, il boss mafioso Di Gangi morto sui binari-LA VICENDA
Una morte misteriosa secondo i famigliari dell'ex capomafia che hanno nominato un perito di parte che assisterà all'autopsia disposta dalla procura della Repubblica. A chiarire i motivi della decisione il figlio Alessandro: "Mio padre non è stato investito da un treno come è stato detto, ma assai probabilmente è morto per un malore sopraggiunto per un deficit da insulina". Di Gangi aggiunge di avere appreso dalla polizia ferroviaria che il macchinista del treno si sarebbe accorto del corpo riverso sui binari, fermandosi in tempo e lanciando l'allarme.
Il 79enne era detenuto nel carcere di Asti ed era tornato in libertà su disposizione della Corte d'Appello di Palermo, che aveva ridotto la sua pena a 13 anni e quattro mesi invece che 17 e sostituito la carcerazione con gli arresti domiciliari. Proprio questo sconvolge i figli: "Ma della scarcerazione noi familiari non siamo stati avvisati, non è arrivata nessuna telefonata, non lo avremmo certamente abbandonato, anche perché mio padre era molto malato. È dal 2017 che presento istanze (tutte respinte) affinché gli venissero concessi gli arresti domiciliari per ragioni di salute, è chiaro che se fossimo stati informati ci saremmo precipitati per andare a prenderlo". Una nuova ipotesi sulla morte del padre emerge dal figlio Alessandro di Giangi, che racconta di un possibile errore con le procedure di scarcerazione e della malattia del boss mafioso: "Mio padre era affetto da diabete, ogni giorno veniva sottoposto a 4 somministrazioni di insulina".
Non solo il diabete, l'uomo era anche affetto da patologie di tipo cognitivo e spazio temporale, che non lo rendevano più autosufficiente e per questo seguva delle apposite terapie farmacologiche, spiegano i familiari. Sprovvisto di Green pass è stato fatto scendere dal treno: "Eppure appena fuori dalla prigione è stato infilato dentro ad un taxi che lo ha accompagnato alla stazione ferroviaria di Asti". Stando alla ricostruzione dei fatti tuttora al vaglio della magistratura, Totò Di Gangi ha raggiunto la stazione di Genova, dove è salito su un altro treno diretto al sud ma da cui è stato fatto scendere dal controllore. È a questo punto che, sempre secondo i familiari, ha perso completamente l'orientamento, rimanendo per ben diciotto ore a girovagare lungo la stazione. Una circostanza, questa, su cui la polizia ferroviaria, su disposizione della procura della Repubblica, ha acquisito e sta visionando i filmati della videosorveglianza. Alessandro Di Gangi confida che l'indagine della magistratura di Genova possa chiarire eventuali precise responsabilità sulle modalità osservate nella scarcerazione del padre. "È anche assurdo - conclude - che non avesse in tasca nemmeno il green pass, motivo per il quale è stato fatto scendere dal treno a Genova, malgrado però fosse stato regolarmente vaccinato con doppia dose".