Ad andarsene, a 72 anni, non è stato soltanto il fondatore (appena diciannovenne) dei ‘New Trolls’, uno dei più straordinari gruppi della storia musicale italiana, alfiere del rock progressivo, ma un artista vero, a tutto tondo, cantante compositore e polistrumentista. Vittorio De Scalzi ha perso la battaglia contro una fibrosi polmonare che lo aveva colpito un mese dopo essere guarito dal Covid e se ne è andato in silenzio, confermando fino alla fine quel pudore e quella intimità tutta genovese che era stata una caratteristica fondamentale della sua carriera. Mai protagonista delle cronache anche nei momenti più complicati della vita della band.
Mezzo secolo vissuto in prima fila, nel magma confuso ed incerto, sempre cangiante, della canzone italiana, refrattario alle mode del momento e sempre testardamente legato ad un’idea di musica in grado di coniugare il rock nostrano ad una certa classicità. Un cammino davvero unico, quello dei ‘New Trolls’ (gli altri non se ne abbiano a male ma LUI era i ‘New Trolls’) che ha attraversato il beat come una ventata di aria fresca, forti di un impasto vocale che pochissimi, in Italia, hanno saputo eguagliare. Nati sotto la spinta e l’incoraggiamento del padre Gianni che stimolò il figlio ad esibirsi nel suo ristorante e “custoditi” dalla madre Armanda, che registrò lei il nome a causa dell’età non adulta del figlio, i giovanissimi e nuovi Trolls interpretavano allora un cosiddetto “beat psichedelico”, mix dei classici ritmi beat del periodo con il rock e altre nuove tendenze, primo esempio di musica progressiva, genere non a caso definito tutt’oggi “Prog”. A differenza di formazioni a loro contemporanee quali i Nomadi, i Camaleonti e i Corvi, interpreti principalmente di cover di brani stranieri, i New Trolls crearono dunque una musica totalmente nuova e improntata alla ricerca.
A farli entrare di diritto nell’Olimpo, in fondo, bastano soltanto due titoli: il primo ‘Senza orario senza bandiera’ (1968), un ‘cult’, primo tentativo di concept-disc di casa nostra, in assoluto tra i migliori album italiani prodotti da gruppi in tutti gli anni sessanta (pari forse solo a ‘Per quando noi non ci saremo’ dei Nomadi), merito anche del contributo, per le liriche, di un altro giovanotto genovese che già allora ci sapeva fare, e non poco: Fabrizio De André (e di quella collaborazione ‘Signore, io sono Irish’ resta probabilmente il risultato più alto).
Altro titolo straordinario 'Concerto grosso' (1970), incredibile miscela di rock e melodie classiche realizzato insieme a Luis Bacalov, futuro Premio Oscar per ‘Il postino’, cui ne seguirono nel tempo altri due. Nel corso degli anni la vena dei New Trolls –sia pure tra alti e bassi- non si è mai inaridita, cercando sempre strade nuove che si potessero sposare con la tradizione e nuove collaborazioni, come quella con Mogol che ha portato nel 1983 ad ‘America Ok’. Un cammino lungo e a tratti faticoso con più di un aggiustamento all'interno della band. Ma oggi passa tutto in secondo piano, riappacificazioni scissioni ricomposizioni, per lasciare spazio al dolore grande per la perdita di una pietra miliare della musica italiana.
Il funerale laico domani, lunedì 25 luglio, al 'Club Tenco' di Sanremo