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Cultura e spettacolo

Presentato a Cannes l'anno scorso, Park Chan-wook ha vinto il premio per la regia
2 minuti e 39 secondi di lettura
di Dario Vassallo
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Park Chan-wook, insieme a Bong Joon-ho, l’autore del pluripremiato ‘Parasite’, è certamente il più noto e importante rappresentante del cinema coreano in occidente e conferma il suo status con ‘Decision to leave’ che l’anno scorso a Cannes gli è valso il premio per la migliore regia: un film che unisce mistero, storia d’amore e anche occasionali momenti di commedia mescolando nella sua struttura reminiscenze di ‘Basic instinct’, ‘In the mood for love’ di Won-Kar-Wai ma soprattutto della ‘Donna che visse due volte’ di Hitchcock. Anzi, da questo punto di vista, nello stile è forse uno dei migliori film hitchcockiani realizzati dopo la scomparsa del grande regista inglese.

Protagonista è un poliziotto coreano che deve indagare sulla morte di un uomo apparentemente scivolato durante un’arrampicata su roccia. In realtà potrebbe anche trattarsi di un suicidio ma la fredda reazione alla notizia da parte della moglie (che è cinese e non parla molto bene il coreano utilizzando spesso un traduttore nello smartphone) gli suscita tutta una serie di sospetti ipotizzando che nella tragedia ci sia più di quanto non sembri all’apparenza. Ciò nonostante, tra i due inizia una strana relazione e la donna diventa un oggetto di ossessione: lui dorme in macchina guardando i finestrini della sospettata senza che nessuno sappia se è spinto dal dovere di poliziotto o da un irrefrenabile voyeurismo; lei a sua volta lo spia mentre viene spiata ed è difficile capire se sia sinceramente attratta dall'investigatore o se lo manipoli: un’inquietante incertezza che crea molto del fascino del film.

‘Decision to leave’ è apparentemente la storia di un poliziotto sposato che si innamora di una femme fatale. In realtà è un racconto ricco di intrighi e costruito, spesso, su silenzi e primi piani mescolando thriller psicologico, romanticismo e crimine senza voler essere classificato ma riunendo in modo eccellente le varie deviazioni di genere. Perché la prima ora, con elementi noti e popolari del noir moderno, è solo il prologo di una vicenda molto più articolata che spoilerare sarebbe un delitto. Una complessa rete di segreti, rivelazioni e dipendenze che vede i due protagonisti intrecciati in una rapsodia di incertezze che esaltano passione e dolore a scapito del brivido e della violenza.

Un film in definitiva che analizza le emozioni umane alla ricerca di chi siamo veramente con un modo avvincente di avvicinarsi ai personaggi e a ciò che li circonda. Park Chan-wook, abituato al cinema della vendetta (si pensi ad ‘Old boy’), questa volta predilige l’ambiguità di una storia d'amore riempiendola di desiderio, senso di colpa e istinti di morte e ciò che colpisce è il suo ritmo inquietante, la bellezza della fotografia e una messa in scena quasi feticista che finisce per ripensare completamente tutte le convenzioni di genere e i modelli di ruolo girando un moderno classico del crimine. Perché il mistero al centro di ‘Decision to Leave’ non è chi ha commesso il delitto ma riguarda piuttosto gli umani. Perché amiamo le persone che amiamo? Quali cose trascuriamo perché speriamo ci sia una risposta diversa? Quando il desiderio si trasforma in ossessione? Così, più importante dell’indagine da risolvere c'è un'esplorazione molto sottile – e aggiungerei, molto orientale - della perdita, dell'amore e del rimpianto.

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