Un fiume in piena che arginare è difficile, un'intervista piena di scarti improvvisi, di ellissi, di discorsi che si aprono, si chiudono e poi si riprendono ancora. Al Riviera Film Festival è arrivato il ciclone Paolo Ruffini, livornese doc, protagonista di un talk incentrato sul suo film 'Rido perché ti amo' di cui è regista e interprete che uscirà in sala il prossimo 6 luglio, "tra Indiana Jones 5 e Mission impossible 18", dice. Per lui un ritorno, qui a Sestri Levante, dopo l'esperienza vissuta nel 2022: "Sì, sono tornato sul luogo del delitto perché, lo ammetto, l'anno scorso ho ammazzato una zanzara. Spero che gli animalisti non me ne vogliano ma è accaduto".
Cosa è successo dal 1997 quando hai esordito in 'Ovosodo' di Paolo Virzì?
"C'è stato tanto cinema. Ho visto tanti film, ne ho interpretati altrettanti, mi sono divertito molto, però quell'odore lì, anche un pò di caciucco, quel sapore di salmastro, quel libeccio che conoscete anche voi non passa. Noi con Genova abbiamo in comune il porto e le città di porto sono speciali perché la sensazione è quella che se dici una cazzata vola in cielo e diventa qualcosa di lirico. Quando invece sei in una città magari anche molto bella come Milano, quando la dici la facciata di un palazzo te le fa rimbalzare addosso. Il vantaggio è questo"
Nel senso che ti dà una maggiore libertà di vivere?
"Non solo, la potremmo chiamare, ovviamente senza alcun riferimento politico ma parlando filosoficamente, anarchia: l'anarchia della creatività, del pensare, del sognare, del dire quello che caspita ti pare: una cosa oggi complicatissima che non si fa quasi mai. Ma in alcune città e in alcuni luoghi dove la cultura è importante questo è possibile. Per quello che riguarda Genova la penso anche in chiave comica. Per esempio, secondo me Gilberto Govi è un artista che dovrebbe essere assolutamente rivalutato, studiato e amato in maniera molto più assidua in tutta Italia. Insomma bisognerebbe riunire in qualche modo le città di porto. Lancio questa idea: facciamo un 'Porto Film Festival' itinerante tra Genova, Taranto, Napoli, Palermo e così via. Andiamo a mangiare dappertutto, ingrassiamo di trentacinque chili, glicemia a manetta, problemi di colesterolo ma vuoi mettere come ti diverti?"
Ci racconti 'Rido perché ti amo?'
"E' una commedia romantica scritta insieme a Francesca Massaro e Nicola Nocella cui voglio molto bene che parte da un assunto importante che mostro all'inizio del film: 'Bisogna vedere se il bambino che eri è orgoglioso dell'adulto sei diventato oggi', una bellissima frase di Antoine de Saint-Exupéry. Parla di un bambino che si innamora perdutamente di una bambina, a sei anni le promette di sposarla e questa promessa viene scritta all'interno di un quaderno dove mette anche una fede dicendo che il giorno di San Valentino, per il suo quarantesimo compleanno, la porterà all'altare. Stacco. Siamo nel presente, davanti a un prete, alle prove di quel matrimonio, solo che quel bambino è diventato uno chef un pò superficiale, sbruffone e smargiasso mentre lei è una donna dolcissima che sogna di fare la coreografa. Per un motivo litigano e lui si accorge di aver perso il grande amore proprio per colpa di questa sua incapacità di accorgersi dell'occasione che stava avendo. L'unico modo che ha per riconquistarla è mantenere le promesse che le aveva fatto quando aveva sei anni e ogni promessa diventa un quadro del film.
"Insomma, parla d'amore, di purezza, di verità e di quello che è il nostro bambino interiore. E io penso che più che alle nostre coscienze dovremmo rendere conto proprio a quel bambino che a quattro anni giocava, che è rimasto dentro di noi ma che a volte viene soffocato dal nostro orgoglio".
Qui sei regista e interprete. Com'è il Paolo Ruffini regista nei confronti del Paolo Ruffini attore?
"Non è molto indulgente. Infatti spesso, come nel mio ultimo film 'Ragazzaccio', faccio solo il regista. Quando ci sono attori più bravi di me che sanno fare le cose meglio di me li preferisco. Lì ho Massimo Ghini, Beppe Fiorello e Sabrina Impacciatore, tutti attori straordinari. E' stato molto più lusinghiero dirigerli perché non provo invidia, un sentimento che per fortuna non mi appartiene. Anzi, provo stima e mi piace quando punto un faro o la macchina da presa su qualcuno che ha un valore, il fatto di averlo illuminato dà anche a me una grande lucentezza".