Uno dei grandi maestri del cinema italiano, Marco Bellocchio, è venuto a Genova per incontrare il pubblico del suo ultimo film, 'Rapito', presentato in concorso al Festival di Cannes, che racconta la storia vera di Edgardo Mortara: un bambino bolognese che nel 1858, quando aveva sei anni, per volere dl Papa Pio IX venne strappato dalla Chiesa alla sua famiglia di origine ebraica con la scusa che la governante - quando era gravemente ammalato - lo aveva fatto battezzare di nascosto perché temeva che potesse morire senza battesimo e quindi finire nel limbo. Una volta cresciuto Edgardo diventerà un fervente cattolico, ripudiando le sue origini.
La prima cosa che le voglio chiedere è come è venuto a conoscenza di questa storia e cosa l'ha spinta ad approfondirla e a trasformarla in una sceneggiatura
"Casualmente, nel senso che ho trovato un libro che raccontava la vicenda ma in chiave cattolica, cioè la storia e la sua autentica conversione. Rimasi molto colpito e pensai subito che potesse essere materiale per un film, solo che poi mi fermai perché venni a sapere che se ne stava interessando addirittura Spielberg, venuto in Italia proprio per girarlo. Alla fine lui non ne fece nulla perché - si disse allora - non riusciva a trovare il bambino giusto. Così ho ripreso in mano il progetto"
Perché ha cambiato il titolo più volte?
"Talvolta accade che per alcuni film non si trovi subito un titolo. Mi era accaduto, per esempio, per 'I pugni in tasca", la mia opera prima. Inizialmente avevo pensato a 'La conversione' ma non mi convinceva ripiegando su 'Non possumus' che era quanto aveva detto Pio IX riguardo alla restituzione del bimbo ai genitori. In questo caso ad opporsi è stata la distribuzione che riteneva che un titolo latino, soprattutto all'estero, avrebbe disorientato gli spettatori. Alla fine 'Rapito', che è ciò che in effetti si racconta, ha messo d'accordo tutti"
Ancora una volta affronta la politica attraverso il personale incrociando una tragedia familiare con un momento fondamentale nella nostra vita italiana: la caduta dello Stato Pontificio
"Dice bene, nel senso che questa piccola, privatissima storia mi interessava proprio perché incrociava la grande Storia, cioè la dissoluzione dello Stato Pontificio che era lì da molti secoli. E questa combinazione, ovvero il fatto che si sarebbe compiuta in pochi anni l'unità d'Italia, era un tema che mi attraeva: il Risorgimento che in qualche modo confliggeva con una piccola storia privata"
"Il Papa fu così ostinato nel non voler cedere il bambino per usarlo come un baluardo contro il progresso che lui aborriva e contro il liberalismo massonico che diceva avrebbe avrebbe distrutto la tradizione. Edgardo è stato conteso anche in nome di questa contrapposizione tra papato e Stato liberale"
Dal momento che il caso Mortara rappresenta un argomento delicato sia dal punto di vista ebraico che da quello cattolico, quali sono le difficoltà maggiori cui si è trovato di fronte nel raccontare queste vicende?
"Guardi, è stato un film produttivamente molto complicato nella sua realizzazione ma non ho trovato ostacoli né da parte ebraica né da parte cattolica. Dopo il film il mondo ebraico, che lo ha apprezzato molto, ha fatto alcune osservazioni verso il papato e il tema delle conversioni forzate mentre molti cattolici hanno accettato il fatto riconoscendo l'errore e la violenza che sottendeva. C'è poi chi ha considerato questa conversione come autentica, come se il bimbo fosse stato toccato dallo Spirito Santo. Tutto però si è mantenuto all'interno di una dialettica molto garbata anche perché oggi abbiamo un Papa estremamente progressista che è contrario all'idea della missione. In passato cosa facevano i missionari? Andavano nelle terre degli infedeli e cercavano di convertirli anche forzatamente e questo è qualcosa che Papa Francesco rifiuta. Lui è più per la tolleranza e una coesistenza delle varie religioni"
Tra l'altro questa questa conversione, che tutto sommato resta un enigma, rende ancora più affascinante il personaggio di Edgardo
"Esattamente, perché quello che resta misterioso è che il bambino diventato adolescente non voglia più tornare a casa. Poi riprenderà rapporti normali, spesso anche affettuosi, con la famiglia, ma senza mai mettere in discussione la conversione fino alla fine della sua vita"
E' una vicenda di abusi sui minori, tirannia e potere che mi ha ricordato certe pagine di Hugo o Dickens. Non so se questi scrittori le siano venuti in mente...
"Direi più Dickens che non Hugo ma nella mia immaginazione è entrato anche anche 'Cuore', il nostro grande libro che negli anni Sessanta è stato anche disprezzato ma poi rivalutato da grandi critici, riconoscendone parti molto sincere e toccanti. E' un libro importantissimo di formazione per la per la nuova Italia e in questo senso mi ha influenzato. Rileggendolo l'ho trovato davvero importante"
Il suo prossimo progetto?
"Sto pensando a qualcosa su un genovese, Enzo Tortora. Inizialmente una serie tv ma ora mi sto orientando su un film. Mi interessa perché è un personaggio in qualche modo tragico che mi permetterebbe di parlare anche della televisione di cui lui fu un protagonista assoluto ottenendo un successo straordinario".
"Poi fu arrestato, processato, condannato e alla fine assolto. Ritornò a Portobello ma non per tanto perché - mi hanno detto coloro che lo conoscevano - dopo quella tragedia non aveva più voglia di sorridere né di fare una televisione leggera. Gli è rimasta insomma una ferita che penso non si sia mai rimarginata"