Christopher Nolan è stato sempre affascinato da personaggi alimentati dalla tragedia che come risposta cercano di controllare la situazione con l'uso di tecnologie potenzialmente pericolose. Dai maghi duellanti di 'The Prestige' al Leonard Shelby di 'Memento' e dai ladri di sogni di 'Inception' al Bruce Wayne dei vari Batman, le sue storie si concentrano su come l'ossessione porti spesso con sé solo catastrofi e come i nostri più grandi progressi possono condurci a drammatiche cadute. Non sorprende quindi che si sia interessato alla figura di Robert Oppenheimer, il brillante fisico che ha scatenato una minaccia infernale sull'umanità. D'altronde, poche biografie del ventesimo secolo sono così emozionanti, affascinanti e sfaccettate come la vita di colui che è diventato per tutti il "padre della bomba atomica".
Basato sul libro 'American Prometheus' di Kai Bird e Martin Sherwin, il film attraversa due linee temporali: la prima copre una visione soggettiva di Oppenheimer, l'ascesa alla grandezza e alla notorietà e il personale tormento morale che gli derivò dalle sue pericolose ambizioni; la seconda, in bianco e nero, ne offre una visione oggettiva dopo la conclusione del 'Manhattan Project' dando voce ad un nemico personale: Lewis Strauss, membro anziano della Commissione per l'Energia Atomica degli Stati Uniti che si trova sul punto di diventare il Segretario al Commercio ma deve rispondere di rapporti e connessioni pregresse con l'ormai controverso fisico caduto in disgrazia.
In questo modo Nolan racconta tre storie. C'è innanzi tutto la vita di uno scienziato dalle tante sfaccettature: un geniale outsider, eccellente docente universitario e modello carismatico per numerosi studenti ma anche un donnaiolo che condusse un matrimonio complicato con un'alcolizzata e al tempo stesso ebbe un'amante attiva nel Partito Comunista che si suicidò probabilmente anche per mal d'amore. C'è poi il percorso di un uomo politicamente ingenuo, socialista dagli anni '30 fino alla fine della sua vita con molte amicizie tra i comunisti che lo misero in grossi guai all'inizio della Guerra Fredda costandogli probabilmente il Premio Nobel e c’è infine la storia della fase eroica della fisica in cui tra il 1900 e il 1945 furono scoperti l'atomo, la radioattività, la relatività, la fissione e l'uso dell'energia nucleare che portarono alla costruzione della bomba atomica ancora circondata da molti miti.
Nolan è sempre stato ossessionato dal tempo: l'ha invertito in 'Tenet', l'ha stratificato in 'Inception', è andato alla sua deriva in 'Interstellar' e l'ha attraversato a diverse velocità in 'Dunkirk'. Lo ha manipolato con la stessa facilità a volte per i personaggi e a volte per il pubblico. Qui fa entrambe le cose contemporaneamente facendo passare tutto come un enigma in cui pur conoscendo come vanno a finire gli eventi non sappiamo cosa accadrà dopo. Perché la Storia è solita trasformare improvvisamente i suoi eroi in cattivi. Il risultato è tentacolare e avvincente – biopic, thriller, film politico, storico e metaforico tutto insieme – trasformando una vicenda personale in un mistero. Ma non quello della creazione della bomba atomica, quanto piuttosto della vera misura di un uomo dal momento che alla fine 'Oppenheimer' è essenzialmente una storia di crisi di coscienza, di colpa e di vendetta all'interno del complesso quadro di una costruzione nata per distruggere. Ci sono sfumature intorno alla collisione tra scienza e politica e tra ideologia e militarismo, con lo scenario teso di una guerra calda preludio di una futura guerra fredda, che danno luogo a decisioni rischiose e conflitti morali. La sceneggiatura di Nolan indica del protagonista sia l’ingenuità politica prebellica che l’umanesimo di base tracciando il percorso di una persona che vede le proprie teorie di elettroni e neutrini diventare nella realtà un vero e proprio inferno.
'Oppenheimer' è uno spaccato d'epoca denso e intricato che intreccia court drama, relazioni romantiche, epifanie di laboratorio e culto della personalità. Ma forse, più di tutto questo, è l'ultimo film di mostri con un Frankenstein dell'era atomica affascinato dalle infinite possibilità della scienza che si rende conto troppo tardi che la sua creazione ha una capacità illimitata di distruzione. E alla fine Nolan sembra dirci che il vero mostro di questa storia non è tanto l'invenzione della bomba quanto l'appetito di annientamento che ha scatenato e che se non mettiamo seriamente in discussione l'arroganza dell'umanità, la stupidità del potere politico e la capacità di distruzione di cui siamo tutti capaci - sia a livello generale che personale nei nostri rapporti con gli altri - potremmo ritrovarci accecati e ridotti in cenere. Dalla polvere siamo stati creati e alla polvere ritorneremo per cui usiamo il tempo che abbiamo per creare un mondo di comprensione e pace che alla fine è quello che voleva Oppenheimer. Impariamo dal nostro passato, prima di essere condannati a ripeterlo. Finora, il miglior film dell'anno.