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Cultura e spettacolo

Ridley Scott ripercorre la vita del grande personaggio storico dalla Rivoluzione francese all'esilio
3 minuti e 17 secondi di lettura
di Dario Vassallo
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Anche per gli standard dei personaggi storici, Napoleone è uomo complesso e dalle mille sfaccettature. La sfida per chiunque cerchi di realizzare un film sulla sua vita (non c’è riuscito neanche Kubrick che cullò a lungo l’idea di portarlo sullo schermo) è trovare una storia coerente con un arco narrativo autonomo, qualcosa che possa fornire al pubblico un nuovo lato della sua personalità o fare chiarezza sui principali eventi che ha attraversato. Le opzioni sono ampie – la carriera militare, le scelte politiche, la drammatica relazione che ebbe con Josephine, la donna che divenne sua moglie, o l’esilio. ‘Napoleon’ di Ridley Scott tenta invece di riunire tutto questo insieme con risultati altalenanti.

Il film inizia nel 1789, quando Maria Antonietta viene ghigliottinata durante la Rivoluzione francese davanti agli occhi, tra i tanti, di un giovane ufficiale d'artiglieria. Da lì Scott ripercorre la sua ascesa da generale di brigata dopo la vittoria a Tolone a primo console, ad auto-incoronato imperatore e, infine, all'esilio. Una storia che ha tutte le caratteristiche di un'epopea onnicomprensiva cui aggiunge un importante tassello con la relazione non convenzionale con Josephine: il suo punto debole, l'intrigante vedova nota per la sua promiscuità che ha imparato a usare la sessualità per sopravvivere al Terrore e ora può tenere sotto controllo l'uomo più ambizioso del mondo in un complesso gioco di potere psicosessuale privato, qualcosa a metà tra Stendhal e Tennesse Williams. Ti amo, ti odio, da te voglio di più. Il regista impone questa storia intima sul canone dell'epica e sfrutta al meglio la chimica tra Joaquín Phoenix e Vanessa Kirby per dare complessità al rapporto.

Ridley Scott non è mai stato timido nel prendersi gioco dell'infinita piccolezza della sete di potere dell'uomo che finisce per volare troppo vicino al sole, basti pensare a ‘The martian’ o ‘Prometheus’, e qui l’intento sembra quello di umiliare uno dei sovrani più ambiziosi di sempre. Lo fa correndo al galoppo, senza sprofondare nel pantano dell'accuratezza storica o delle riflessioni filosofiche. Nonostante i suoi 157 minuti, ‘Napoleon’ cerca di coprire troppo terreno, rendendo difficile adattarsi a tutti gli eventi raccontati. Ci sono transizioni un po' approssimative, momenti che si spostano da un passo all'altro senza sviluppare l'azione, senza che se ne comprenda la motivazione o la logica. Così il film, che sembra quasi una pagina di Wikipedia, finisce per non rivelarci davvero chi fosse Napoleone o cosa volesse, da dove venisse o perché ha avuto un così grande successo. E’ come se inciampasse nella sua grandezza, non un’idea di come quest’uomo abbia accumulato un tale potere.

Ma ciò che manca nella narrazione Scott lo compensa con lo stile rendendo le battaglie un’estetica. Come nessun altro regista contemporaneo la guerra per lui è una bellissima e massiccia coreografia di morte, vedi ‘Il Gladiatore’, ‘Black hawk down’, ‘Le crociate’ o ‘Exodus’: anche qui scene monumentali codificate da un rigore dell'inquadratura che forniscono momenti di eroismo e paura, gloria e umiliazione, sacrificio e avidità. È il signore della guerra di massa del cinema moderno, quasi ogni fotogramma è un dipinto classico. Che si tratti di corpi insanguinati che sfondano il ghiaccio o ondate di soldati che caricano in battaglia, ci sono alcune sequenze che è difficile dimenticare. E forse quello che vuole sottolineare è che Napoleone Bonaparte era veramente vivo solo quando era circondato da tanta morte. 

In definitiva, un film che lascia la sensazione di essere incompleto, e chissà che non sia migliore la versione di quattro ore che Scott ha nel cassetto e verrà in seguito utilizzata in tv. La sua sembra meno un'epopea in stile classico e più un esercizio di stile, meno interessato all'accuratezza della saga che ai sentimenti che ispira. Si poteva sicuramente far meglio nel decostruire una leggenda, invece si esce dalla sala senza essere riusciti a capire Bonaparte. È lo sfortunato sintomo di un film che offre una versione diversa di Napoleone ad ogni svolta, momenti magari accattivanti ma poco all’altezza dell'uomo e del mito che si cerca di catturare.