Quasi quattro decenni dopo aver ripercorso le orme di Ozu nel documentario 'Tokyo-Ga', il regista tedesco Wim Wenders torna nella capitale giapponese per reinventare il suo cinema di finzione e in certa misura recuperarne il fascino con 'Perfect Days', esempio elegantemente elaborato di quello che potrebbe essere definito 'un film sul nulla' ma che in realtà è una contemplazione filosofica che riguarda il senso stesso della vita, qualcosa di ingannevole semplicità, osservando i piccoli dettagli di un'esistenza di routine con tale chiarezza ed empatia da costruire un piccolo gioiello.
Hirayama è un uomo di mezza età che ogni mattina si sveglia da solo nel suo minuscolo appartamento. Una volta che si è lavato i denti, ha spuntato i baffi e nebulizzato le piante indossa una tuta da lavoro con la scritta “The Tokyo Toilet” stampata sul retro, compra una lattina di caffè dalla macchinetta accanto al palazzo e guida un furgone blu attraverso la foresta di grattacieli della città fino al primo dei tanti bagni pubblici che deve pulire e che tratta ciascuno come fosse una reggia usando persino un specchietto per verificare la presenza di quella sporcizia che potrebbe nascondersi alla vista. Quando qualcuno gli fa notare come sia inutile essere così accurati perché immediatamente tutto si sporcherà di nuovo, lui non risponde.
Sembra tragga piacere da questa metodica regolarità, proprio come si gode le pause pranzo nello stesso posto all'aperto dove fotografa gli stessi alberi attraverso la tecnica del 'komorebi', parola giapponese che descrive il fenomeno naturale della luce solare che filtra attraverso le foglie, sorridendo agli stessi sconosciuti e bevendo dopo il lavoro nello stesso affollato bar per pendolari. Ogni giorno sempre uguale. Le variazioni arrivano nel tessuto culturale del tempo libero: i libri che legge (Patricia Highsmith un giorno, William Faulkner un altro) e la musica che sceglie dalla sua vasta collezione di cassette: Patti Smith, Otis Redding, Van Morrison, Nina Simone e ovviamente il Lou Reed di 'Perfect days' che dà il titolo al film. Quando però la nipote adolescente gli si presenta all'improvviso decidendo di restare qualche giorno con lui, le conseguenti interruzioni delle sue abitudini rivelano come la deliberata costruzione che c'è alla base di questa routine sia una difesa contro una vita passata che non rivuole indietro.
Nato come progetto di un cortometraggio commissionato dalle autorità urbane giapponesi per celebrare il loro sistema di servizi igienici pubblici all'avanguardia, 'Perfect days' è un pacato poema zen di disarmante assenza di cinismo nel mostrarci quali ricchezze spirituali possa contenere anche la vita più umile e invisibile. Portando con sé una meravigliosa passione per la vita e uno strano appetito per continuare ad assaporarne ogni momento, Hirayama è in grado di vedere la bellezza negli aspetti più banali e mano a mano che si va avanti diventa sempre più chiaro come il pulire i bagni sia non solo un modo per aiutare gli altri e rendersi utile ma anche un ponte con il mondo, una maniera per sentirsi incluso, integrato e vitale.
Molto a favore del film vanno la sua deriva pigra, il rifiuto di una forma narrativa restrittiva, un'irrequieta esplorazione di Tokyo, l'emozionante capacità del protagonista di trovare pace e gioia in una routine quotidiana che ti mantiene in vita e la serenità che deriva dal vivere alle tue condizioni. 'Perfect days' non ha l'estatica filosofia spiritualista de 'Il cielo sopra Berlino' o la poesia della desolazione umana e culturale che ha segnato 'Paris, Texas' ma l'abbraccio umano e pieno di speranza che contiene è sufficiente per renderlo il miglior film di finzione di Wenders da almeno trent'anni a questa parte. Non che abbia inventato niente di nuovo, questo no, ma ha realizzato un'opera onesta, sensibile e impegnata in qualcosa di insolito nel cinema contemporaneo: ritrarre un uomo, se non felice, almeno in pace con la propria esistenza.