PORTOFINO - Premio alla carriera ad Andrea Roncato nella splendida cornice dei Portofino Days: la prima edizione dell'International Fiction Festival ha voluto rendere omaggio ad uno degli attori che ha collezionato centinaia di puntate nelle principali fiction italiane. Una carriera iniziata da comico nel duo scanzonato con Gigi Sammarchi, perfezionata nei più amati cinepanettoni di Boldi e De Sica, proseguita nel mondo delle serie tv. Una su tutte "Carabinieri", dove dal 2002 al 2008 ha interpretato l'appuntato Romanò. A Primocanale, una lunga chiacchierata in cui l'attore si è raccontato e ha condiviso alcuni aneddoti.
C'è qualche c'è qualche fiction che non ha avuto successo, che ha avuto successo, dove lei non c'era?
Sono tante. Certo che noi abbiamo cominciato per primi, già con "Don Tonino", la serie dei quattro film dal cui ha poi preso spunto "Don Matteo". Quindi abbiamo cominciato nell'87 a fare delle serie televisive. Avrò fatto almeno 280 episodi tra "Carabinieri" e "La voce del cuore", ma ne ho fatte parecchie e continuo anche oggi, dove le serie tv funzionano molto bene anche grazie piattaforme on demand.
Una serie tv tira l'altra. In questo momento che il mercato è molto florido, forse ancor più rispetto a quello del cinema. Un consiglio ai giovani che si affacciano questo mestiere
Ragazzi, farsi vedere non è il punto di arrivo, come ci fanno credere i reality o i social. La televisione è un punto di partenza, dopo devi saper fare per andare avanti. Anche il successo su Instagram o su TikTok è un punto di partenza, che va benissimo, ma dopo è necessario studiare, applicarvi e mettere tutti voi stessi per andare avanti. Ma non è una cosa così facile o poco faticosa. Bisogna bussare alle porte che non si aprono. Poi, se se ne apre una, si viene ripagati di tutto quello che abbiamo passato fino allora.
Dal punto di vista del lavoro dell'attore e di come viene girata una serie tv o un film, che differenza c'è?
C'è sempre meno differenza, perché specialmente le fiction di grande successo vengono girate veramente come si gira un film importante. In più il cinema è già da un po' in crisi dal punto di vista delle sale cinematografiche, anche perché sono cambiate tante cose. Non c'è più la pellicola, c'è il digitale, quindi anche la televisione può dare gli stessi effetti. Il cinema secondo me si sta perdendo ed è un peccato, perché comunque vedere un film in famiglia o in 400 o 500 persone tutte insieme in una sala sono due cose diverse.
Il suo rapporto con la Liguria?
La Liguria innanzitutto è una terra dove sono nati artisti eccezionali, soprattutto cantanti, da Lauzi a De André e Paoli. Abbiamo una grande storia in Liguria, a parte la bellezza della Liguria, tutti dicono sempre che è scomoda: sarà scomoda l'autostrada. Però quando vedi dei posti come questi meriterebbero di venire anche a piedi. Io mi ricordo quando facevamo cabaret io e Gigi e quando venivamo avevamo le sale strapiene. Addirittura mi ricordo che facevamo due spettacoli in una sera perché il teatro si riempiva due volte. Quindi è proprio una tradizione che si porta dietro la Liguria. A parte la bellezza a livello estetico, che non ha rivali, è una regione avanti come mentalità artistica.
C'è un film del cuore, una fiction del cuore?
Film sono tanti perché io ne ho fatti molti nei primi anni 80 che poi sono diventati dei cult. Perché ci si divertiva allora a fare i film, si spendevano un mucchio di soldi anche per questi film comici che sembravano quasi di serie B. Restano nel cuore le prime cose che ho fatto, dal lavoro con Sofia Ricci, con la regia di Luciano Odorisio, che si chiamava "Ne parliamo lunedì", oppure la prima serie "Don Tonino" che ho amato tanto. Ma anche quelle più recenti, con Micaela Ramazzotti o altri grandi attori. Queste sono tutte le tappe della mia vita perché io da comico, adesso faccio attore in film d'autore o film seri, ma non perché voglio fare il drammatico. Credo che andando avanti nella propria carriera uno debba anche fare i personaggi in base al proprio fisico.