Il cinema di Todd Haynes ha da sempre un rapporto privilegiato con la realtà femminile, tanto che c’è chi lo ha definito un ‘George Cukor new-age’. Che sia 'Carol' con Cate Blanchett e Rooney Mara, la miniserie televisiva 'Mildred Pierce' con Kate Winslet o ancora il suo omaggio al melodramma anni ‘50 in 'Lontano dal paradiso', la sua comfort zone sta nel raccontare vicende di donne. Cosa che accade puntualmente anche in 'May december’, termine con il quale in inglese viene indicata una relazione amorosa tra due persone di età molto differente tra loro, dove dà vita ad un elegante, malizioso e intimo duello - ritornando un po’ alle atmosfere torbide di Patricia Highsmith da cui trasse proprio 'Carol' - fra Natalie Portman e Julianne Moore.
La prima interpreta Elizabeth Berry, star di una serie televisiva, scritturata in un film indipendente per interpretare Gracie Atherton-Yoo (Moore) che ha scandalizzato l’America intera approdando su tutte le copertine dei tabloid per aver sedotto, quando era una trentenne sposata, un ragazzino di tredici anni, Joe, rimandone incinta. Nonostante sia stata anche arrestata, la loro relazione è sopravvissuta e adesso hanno tre figli, due dei quali in procinto di diplomarsi, mentre altri due nati dal precedente matrimonio sono coetanei di Joe. Per entrare meglio nella parte, Elizabeth decide di conoscere Gracie, Joe e la loro famiglia, portando avanti ricerche che percorrono una pericolosa linea tra il discreto e l'invadente, mentre il suo interesse per la loro storia mescola l'identificazione personale con una curiosità pruriginosa.
Cerca di ottenere informazioni da Joe, visita il negozio di animali dove i due si sono conosciuti e il magazzino dove hanno fatto sesso; prende un caffè con l'ex marito; incontra il poliziotto amico che è stata la prima persona che Mary ha chiamato dopo l’inizio della relazione e si confronta con il primogenito di Gracie. Per Elizabeth ognuno di loro detiene chiavi che potrebbero influenzare il suo ritratto ma soprattutto farle capire perché tutto sia successo. Ciò porterà ad un confronto e ad una sovrapposizione psicologica tra le due donne, un po’ come accedeva in ‘Persona’ di Ingmar Bergman citato più volte.
‘May December’ è un melodramma contemporaneo intrinsecamente intimo e tuttavia anche distaccato, intrigante e sottilmente metanarrativo, sullo sfruttamento, l'innocenza e l'arrivo in un mondo chiuso di un estraneo alla ricerca di realtà nascoste che Haynes dipana attraverso insistiti effetti speculari, con Moore e Portman spesso inquadrate in una esagerata simmetria di specchi. Il regista fruga in un territorio che gli è familiare: conoscenza di sé e percezione pubblica, identità e dualità, trasparenza e performance, norme sociali e tabu sessuali. Nelle mani di qualcun altro avrebbe potuto essere qualcosa di sordido, un po' come il film – di cui vediamo brevemente una clip – che è già stato girato sulla vita di Gracie ma Haynes lo trasforma in un mezzo per analizzare anche sia l'America ossessionata dallo scandalo che la natura vampiristica della recitazione.
Alla fine, con la sua presenza destabilizzante, Elizabeth apre crepe già esistenti in una relazione tesa, finora sostenuta dall'inquietante ma comprensibile ingenuità infantile di Joe e dalla stretta gestione della loro routine domestica da parte di Gracie. Ad addolcire il tutto, o almeno un po', è la timida compassione che il film prova per queste persone, per il modo in cui le loro vite sembrano guarite dall'orribile trasgressione del passato, anche se in realtà non è così. Sopravvissute ma bloccate in una triste delusione.