CHIAVARI - Un nuovo film desiderato (che sta preparando) e un viaggio nella sua storia, che passa attraverso film che gli hanno regalato l'Oscar come Apocalyps now, L'ultimo imperatore e Reds: abbiamo incontrato Vittorio Storaro, il grande autore delle immagini ("non mi chiamate direttore della fotografia perchè un film è come un'orchestra con più elementi e il direttore è uno, il regista"), ospite del nuovo festival "Giornate di Chiavari", partito col botto anche grazie al marchio di Storaro "è un'ottima idea" (LEGGI QUI).
"Un film è come un'orchestra, c'è il regista, e non possiamo essere in due direttori. Il cinema ha bisogno di un tempo come la letteratura e di un ritmo come la musica". "Non mi chieda il film preferito, lei può scegliere un giorno della vita in cui è stata più contenta? Il più bel film che ho fatto è l'insieme di tutti i film fatti". E quello che vorrebbe fare? "Quello che sto preparando, che parla della vita sconosciuta di Gesù, un po' come avevo fatto per Il piccolo Buddha con Bertolucci. Stiamo conducendo ricerche sugli anni dai 6 ai 12, ad esempio, di cui non parla mai nessuno".
Risponde così invece alla domanda su come la tecnologia ha cambiato il suo lavoro: "L'essere umano ha sempre avuto bisogno di rappresentare un certo tipo di storia con le immagini, l'ha fatto nelle caverne, poi c'è stato tipo Leonardo da Vinci, poi c'è stato tipo Caravaggio eccetera, che hanno dipinto su tela e poi c'è chi ha fatto gli affreschi come Michelangelo, poi c'è stato qualcuno che ha inventato un'emozione fotografica sulle immagine in bianco e nero, poi l'hanno inventata a colori e poi l'hanno passata in 3D. La differenza è la meccanica dalla materia ma quello che è importante è l'idea, quindi io non ho cambiato il modo di pensare, come illuminare una storia, se uso videocamere elettroniche".