E’ l’opera verdiana più amata dal pubblico, composta tra il gennaio e il marzo 1853 e rappresentata per la prima volta il 6 marzo di quell’anno alla ‘Fenice’ di Venezia: un ‘fiasco’ ma ripresa quattordici mesi dopo sempre a Venezia al teatro S. Benedetto si trasformò in un trionfo che da allora non smette di entusiasmare le platee di tutto il mondo. La Traviata torna al Carlo Felice da domenica alle 20 nell'allestimento del 2016, a firma di Giorgio Gallione con le scene di Guido Fiorato, già ripreso due anni dopo.
L'opera è ispirata alla più celebre cortigiana francese dell'Ottocento
L'opera, nel libretto di Francesco Maria Piave, riproduce sostanzialmente il piano costruttivo della ‘Signora delle camelie’ di Alexandre Dumas figlio. La Margherita Gauthier dello scrittore francese, ispirata a Marie Duplessis, pseudonimo di Alphonsine Rose Plessis, la più celebre cortigiana francese del primo Ottocento, diventa Violetta Valery ma la tesi originaria basata sulla riabilitazione morale e sociale della peccatrice nell’opera verdiana cede il posto ad un sublime svolgimento psicologico per cui la protagonista passa dalle follie di una cortigiana unicamente desiderosa di piaceri ad una profonda evoluzione sentimentale segnata dall’amore e dal sacrificio.
Un flashback tra la vita e la morte
“La Traviata per me è una sorta di flashback tra la vita e la morte", disse Gallione nel presentarla otto anni fa e il senso di morte cui faceva riferimento il regista è pienamente condiviso dal direttore Renato Palumbo, autorevole esperto del teatro verdiano: "Sin dal Preludio si sente la morte di Violetta - spiega -. È un'opera apparentemente semplice nella sua drammaturgia, eppure estremamente complessa per la forza e l'intensità del personaggio ispirato a una figura reale. Un capolavoro che quando fu creato era di un'attualità straordinaria e che mantiene tuttora la sua carica di modernità”.
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