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Cultura e spettacolo

Cinque statuette dopo aver già vinto la Palma d'oro al Festival di Cannes
4 minuti e 9 secondi di lettura
di Dario Vassallo
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E' stata la sorpresa della notte degli Oscar. Perché nessuno, ma davvero nessuno, si sarebbe aspettato che un film indipendente costato soltanto sei milioni di dollari - praticamente un'inezia - sbancasse l'appuntamento più importante che il cinema si regala ogni anno dopo aver vinto la Palma d'oro a Cannes. Cinque statuette su sei nomination ottenute: film, regia, sceneggiatura originale, montaggio e attrice protagonista (Mikey Madison, al suo sesto film). Non solo ma Sean Baker, che si è portato a casa le prime quattro, è entrato nella storia eguagliando addirittura Walt Disney che nel 1954 vinse anche lui quattro Oscar nella stessa serata ma per film diversi. Senza un titolo che monopolizzasse il palmares come capita sovente, 'Anora' ha dunque fatto la parte del leone amplificando quel sentore di culto che il regista si è conquistato per i film spesso crudi e scomodamente divertenti che realizza. Come una sorta di antropologo culturale del cinema narrativo, che sia ambientato in quartieri meno frequentati di metropoli o in piccole città del Sud, il lavoro di Baker si concentra su protagonisti che vivono ai margini o che si affaticano in occupazioni marginali, vedi consegna di cibo a domicilio, vendita ambulante e, spesso, lavoro sessuale come nella commedia nera ‘Red rocket’, il suo film di maggior successo, storia non convenzionale su una pornostar in declino interpretata da un'ex pornostar nella vita reale.

La folle odissea di una giovane escort

Il fascino che ha dimostrato di provare per prostitute caotiche e carismatiche continua qui con una storia che snodandosi tra New York e Las Vegas segue l’odissea folle della sua omonima protagonista, una giovane lavoratrice del sesso, che vede la propria quotidianità di ballerina per locali erotici travolta dall’impeto e dai soldi infiniti del figlio di un oligarca russo che si è invaghito di lei dopo averla conosciuta in un locale e con il quale si ritrova sposata dopo una settimana di feste vorticose dal momento che lui mira ad ottenere la cittadinanza americana attraverso il matrimonio per non tornare mai più nel suo paese. Ma proprio quando il film sembra assestarsi sui ritmi di una storia romantica, cambia registro per trasformarsi in un’energica e talvolta divertente carambola di inseguimenti dal momento la felicità coniugale viene bruscamente interrotta quando la notizia arriva in Russia e i genitori del ragazzo mandano un gruppo di loro scagnozzi sulle tracce della coppia per far annullare il matrimonio scatenando un folle inseguimento per le strade di Coney Island e Manhattan.

L'attrice Mikey Madison con l'Oscar conquistato per 'Anora'

Una variazione sul tema di Cenerentola

Tra intrattenimento ed emozioni, ‘Anora’ è una variazione molto particolare sul tema di Cenerentola che come tale riporta alla memoria ‘Pretty woman’ con cui condivide alcuni tratti ma se da una parte può esserne considerato un omaggio dall’altro sventra vertiginosamente l’intera macchina fantasy del film che ha fatto diventare una star Julia Roberts. E’ infatti sia una favola che un incubo, un racconto ammonitore sulle insidie e le restrizioni delle classi americane meno abbienti combinando elementi di realismo sociale, commedia romantica, farsa, dramma, cronaca erotica e thriller demenziale.

Qui il 'sogno americano' è solo una finzione

Lontano dai limiti morali di ‘Pretty woman’, Baker – certamente uno dei registi più umanisti in attività oggi - introduce la macchina da presa nel complicato mondo della protagonista e lo fa senza giudicarne le azioni considerando il suo lavoro sessuale come un modo per lottare contro la povertà, per sopravvivere in una città selvaggia come New York. Qui il “sogno americano” è vivo solo nel cortile di casa ed è ancora “vero” perché ammette il suo carattere di finzione, la sua ipocrisia e la sua essenza di menzogna. I sogni sono infranti ma non riusciamo a trovare niente di meglio da nessuna parte. Ecco perché ci aggrappiamo a loro nonostante siamo i primi a non crederci. Tutto ciò che ci resta è l'autosuggestione, uno stato d’animo al limite della follia.

Anora vive in un mondo dove non ti salva nessuno

A scapito di una lunghezza eccessiva (139 minuti), dove il film eccelle è nella scrittura e in un’abile gestione dei cambiamenti di tono perché c’è gioia accanto alla tristezza e c’è commedia dentro una tragedia. Ciò che ‘Anora’ dimostra così crudelmente nelle sue realtà contrastanti è l’insuperabile distanza e gerarchia tra coloro che hanno già molto, ereditano e sono al sicuro, e quelli che devono vendersi per poter assaggiare un sorso di una prosperità per loro impossibile. Le distanze diventano evidenti, i confini si alzano nuovamente, la fantasia del superamento di questa gerarchia crolla. Sean Baker si dimostra ancora una volta un eccellente narratore e critico dell'ideologia, presentando senza pietà le lamentele, le disuguaglianze e le ingiustizie del presente tra la vita quotidiana e le promesse che la mantengono viva. Se Julia Roberts viveva all’interno di una fiaba, Anora vive nel mondo reale dove non ti salva nessuno. E purtroppo è complicato e difficile anche salvarti da solo.

 

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