Il polacco Jerzy Skolimowski è un veterano del cinema europeo che è venuto a Cannes per la prima volta nel 1972 con ‘Un ospite gradito… per mia moglie’ interpretato da Gina Lollobrigida e David Niven. Torna quest’anno, la sua quinta partecipazione al Festival, con un film che riporta alla mente un capolavoro del grande regista francese Robert Bresson, ‘Au hasard Balthazar’ (1966). In entrambi i casi protagonista è un asino e qui il titolo, ‘EO’, altro non è se non l’onomatopea del raglio e il modo stesso in cui lo chiama la sua padroncina all’inizio del film.
Il ciuchino, infatti, è una delle attrazioni di un circo ma a causa di una legge che in Polonia proibisce l’utilizzo degli animali in queste realtà, viene confiscato e venduto. La sua tragica odissea partirà da quel paese per concludersi in Italia. Finisce inizialmente in una sorta di ricovero per asini da cui viene liberato, poi catturato per la strada da un impiegato comunale diventando la mascotte della sua squadra di football. Ma dal momento che durante un incontro il suo ragliare disturba un giocatore avversario che sbaglia un calcio di rigore, la povera bestia viene picchiata dai tifosi, poi catturata da una banda che commercia illegalmente carne di cavallo e asino e infine salvata da un giovane aristocratico italiano. Purtroppo solo temporaneamente, perché EO finirà macellato nel nostro paese.
Soltanto un regista con la follia e la fantasia di Skolimowski, a 84 anni ancora alla ricerca di nuovi modi di raccontare, poteva regalarci una storia come questa ovviamente affrontata – rispetto a Bresson - con gli odierni mezzi tecnici: droni, lenti distorte, sound design onnipresente. Certo il mondo è un luogo misterioso visto attraverso gli occhi di un animale. Sulla sua strada, EO incontra persone buone e persone cattive, prova gioia e dolore, e la ruota del destino trasforma alternativamente la sua fortuna in un disastro e la sua disperazione in una felicità inaspettata. Ma mai, in nessun momento, perde la propria innocenza, l’umiltà e la dignità, sempre al di sopra della vanità e dell’avidità umana.
Insomma, un bizzarro road movie, un film testardo - testardo come il protagonista - nel suo simbolismo e nel suo forte pessimismo, forse un viaggio attraverso un'Europa moderna che evidentemente non piace al regista, forse uno spot contro gli abusi sugli animali. Sebbene “EO” non sia un remake diretto del film di Bresson, è sicuramente più di un omaggio. Skolimowski romanticizza e in parte antropomorfizza la bestia, dandogli scatti soggettivi, flashback e sequenze oniriche, emblema dell’innocenza di fronte agli uomini visti come turpi custodi del mondo, tra anarchici violenti e fabbriche vili, rozzi contrabbandieri e crudeli allevatori di pellicce.
Jean-Luc Godard aveva definito ‘Au Hasard Balthazar’ come un regalo al pubblico, "il mondo in un'ora e mezza": il film di Skolimowski fatte le debite proporzioni è qualcosa di simile nel suo usare EO per commentare la natura umana. E’ ciò che ce lo fa sentire vicino e ci rende partecipi della sua fine. Come tutti noi, anche gli animali muoiono ma quando li conosciamo il nostro dolore è più grande.