Non sarà, come sottolinea il titolo, ‘La peggiore persona del mondo’ ma certamente Julie – protagonista del film di Joachim Trier - non è sempre simpatica nel suo sforzo di comportarsi bene e spesso nell’incapacità di farlo. Il regista norvegese con lei non è affatto tenero e tuttavia affronta con affetto e comprensione la vita di questa trentenne che non riesce né a trovare il suo posto nel mondo né a dare ordine alla propria esistenza, per non parlare della vita sentimentale dove la vediamo barcamenarsi tra due relazioni: prima con Aksel, un fumettista underground di quindici anni più grande di lei che si è fatto conoscere e amare con una personalissima versione di “Fritz il gatto”, poi con Evind conosciuto casualmente ad una festa in cui si è imbucata.
Diviso in dodici capitoli, più un prologo e un epilogo, Trier affronta un genere complicato come il dramma romantico e lo combina con il percorso di formazione e crescita personale di una donna alla scoperta di se stessa che non è in grado di scegliere tra le infinite opzioni che le prospetta il futuro: è l’uomo giusto? Voglio solo sistemarmi? Sono pronta per avere un figlio? Scelte di questo tipo, semplici e complicatissime al tempo stesso. Se pure non priva di aspetti comici, Julie porta dentro di sé una forte malinconia, un’inclinazione autodistruttiva che le fa sabotare le sue relazioni senza fermarsi a pensare un po’ a se stessa, perché se tutti noi abbiamo bisogno di trovare l’amore è altrettanto importante fare i conti con chi siamo, il che può aiutare. Julie sa esattamente cosa non vuole ma con la stessa determinazione non sa cosa vuole dal momento che l’idea di realizzarsi, ritrovarsi e diventare qualcuno per lei risulta difficile e paralizzante. Non a caso si sente una spettatrice della propria vita e un personaggio secondario nella sua stessa storia, il che la rende sfuggente ma anche affascinate e complessa.
E’ il motivo per cui sul versante strettamente sentimentale questo viaggio talvolta doloroso di una giovane donna che non ha idea di quali sogni vuole inseguire se pure nella consapevolezza di stare inseguendo qualcosa non è un film sull'amore quanto piuttosto su ciò che ci lega e nello stesso tempo minaccia di separarci da coloro che scegliamo come compagni di vita mentre allargando il discorso si pone come un percorso sulle scelte che facciamo e che ci definiscono e su quelle che non facciamo e potrebbero perseguitarci per anni. Insomma, una storia di adulti che fanno i conti con i loro primi rimpianti: intelligente, complessa, aggrappata alle relazioni che creiamo nella vita e alimentata sia dal desiderio che dalla sofferenza.'
'La persona peggiore del mondo’ è tenero e seducente, gentile e divertente, talvolta surreale come quando – in una delle scene migliori – la protagonista (Renate Reinsve, a Cannes premio per la migliore interpretazione femminile) percorre le strade di Oslo mentre il tempo per tutti si è fermato, eccetto che per lei e per la persona che va ad incontrare. E forse il senso del film di Trier è racchiuso nelle parole di ‘Agua de marco’, la canzone di Carlos Jobim che accompagna i titoli di coda nella versione di Art Garfunkel laddove si sottolinea come la vita sia “una scheggia di vetro, il vento che soffia libero, un presentimento, una speranza”. La speranza che - come per Julie che svolazza di qua e di là in maniera sconsiderata ma senza mai vergognarsi - anche per ognuno di noi nel futuro le cose possano cambiare. E chissà, perfino migliorare.