Il mondo - è stato detto - non finirà con uno schianto, ma con un piagnisteo. Il governo Draghi, almeno secondo il leader di "Italia al centro" Giovanni Toti, potrebbe invece chiudersi proprio con uno "schianto secco".
Questa almeno l'analisi del presidente della Regione Liguria, nelle vesti di promotore di una tendenza neocentrista che ha già un punto di riferimento parlamentare e altri protagonisti o aspiranti tali come Renzi e Calenda, a cui potrebbe aggiungersi perfino Di Maio.
Nelle ultime settimane, il banchiere chiamato da Mattarella a Palazzo Chigi nel pieno della pandemia è parso sotto tiro sia per motivi pertinenti, come l'invio di armi all'Ucraina oggetto prediletto delle fibrillazioni di quel che resta della nebulosa pentastellata di rito contiano, sia in modo improprio perché - per esempio - la nuova iniziativa sulle regole della cittadinanza nasce dai partiti di sinistra e non da Palazzo Chigi.
Mai come in questo inizio estate, la scadenza naturale della legislatura è parsa ben più lontana della primavera del prossimo anno. Maturati ormai nei soldati semplici destinati a non rielezione (il prossimo Parlamento sarà "dimagrito") i diritti al vitalizio, la campagna elettorale permanente si fa parossistica. Tanto che lo stesso Draghi è stato costretto più volte a ribadire di non essere disposto a farsi cuocere a fuoco lento.
"Credo che Draghi - ribadisce così in un intervento televisivo Toti, che sul Colle aveva rischiato tensioni con il resto del centrodestra pur di rieleggere Mattarella, mossa vista come sola possibilità di tenere in piedi il governo - porterà a termine molte cose, sono ottimista, finché avrà i voti in Parlamento tirerà dritto. I temi che ha davanti sono tanti e importanti e io credo che il governo farà tutto quello che è possibile, non credo che possa subire un lungo logoramento, semmai ci sarà uno schianto secco".