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Politica

L’ex parlamentare spiega le ragioni del suo disimpegno e svela: “Dovevo essere il capo al posto di Di Maio ma l’elezione non fu mai resa nota
1 minuto e 40 secondi di lettura
di Matteo Cantile
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ROMA - Poteva essere il volto nuovo, o almeno rinnovato, del Movimento 5 Stelle post Luigi Di Maio ma così non sarà: Alessandro Di Battista, in un video postato sui social, scarica con parole a tratti molto dure il suo ex partito e, soprattutto, il suo fondatore, Beppe Grillo e spiega le ragioni che lo hanno spinto a non avanzare la propria candidatura.

"Grillo si comporta da padre padrone – dice Di Battista – sotto di lui non ci sto. Avrebbe dovuto assumersi le sue responsabilità e non l’ha fatto, per questo non mi fido più". L'ex parlamentare grillino si ammorbidisce quando pensa al passato ("se sono l’uomo che sono lo devo anche a quello che mi hanno insegnato Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio") ma è intransigente sulla linea del partito: "Non posso fidarmi dell’attuale Movimento, chi mi assicura che non avremo un rigurgito governista, magari per entrare in un esecutivo tecnico, come già abbiamo fatto nell'ultima legislatura? Chi può dirmi che non ci saranno altri Cottarelli o altri Cingolani all’interno dei 5 Stelle?"

Di Battista svela anche il retroscena che lo spinse ad abbandonare il Movimento 5 Stelle: "Non ero gradito e l’ho capito quando mi fu impedito di diventare capo politico del Movimento – spiega – agli stati generali raccolsi il triplo dei voti di Luigi Di Maio, che faceva il ducetto ed era ministro; per lui sarebbe stata un’onta se quel risultato fosse stato reso noto, per questo Grillo avallò la scelta di non pubblicare quei risultati".

Di Battista parla anche del suo rapporto con Giuseppe Conte: "Si è preso l’onere di guidare il Movimento e per questo lo rispetto; io l’ho chiamato perché mi sono sentito responsabilizzato da moltissimi messaggi che mi sono arrivati dai militanti ma dai vertici nessuno mi ha chiesto di rientrare. Anzi – conclude Di Battista – molti tra gli esponenti grillini mi considerano un distruttore, una sorta di Attila: nella realtà sono convinto che i disboscatori di consensi siano altri e molti di questi sono ancora all’interno del Movimento".

 

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