Giorgia Meloni, prima donna presidente del Consiglio nella storia d'Italia, ha ricevuto in mattinata la "campanella" dal predecessore Mario Draghi e attorno alle 12 ha presieduto il suo primo Consiglio dei ministri. A meno di un mese dalle elezioni politiche, la Meloni ha chiuso la pratica di consultazioni, proposta dei ministri al capo dello Stato, giuramento e passaggio di consegne. Fin dall'esito del voto, osservatori maliziosi guardavano al 28 ottobre come data a rischio suggestione, trattandosi del centenario della marcia su Roma: la Meloni ha anticipato i tempi forse anche per evitare accostamenti controproducenti.
Arrivata a Palazzo Chigi su una Alfa Romeo Giulia, salutata dal picchetto d'onore delle Forze Armate secondo protocollo, la Meloni - completo scuro, giacca e pantalone stretti, camicetta bianca di seta e scarpe nero lucido senza tacco - è stata accolta da Draghi nel Salone dei Galeoni, per la cerimonia della consegna della campanella, "collaudata" scherzosamente più volte chiedendo ai giornalisti "Si sente?".
Negli ultimi anni, si era quasi sempre dovutamente sottolineato l'esordio di una donna in ruoli mai ricoperti prima, dalla presidenza della Corte Costituzionale di Marta Cartabia all'arbitraggio di una partita della serie A maschile di calcio di Maria Sole Ferrieri Caputi, passando per l'epopea dell'astronauta Samantha Cristoforetti. La provenienza da un'area politica reputata maschilista ha quindi mediaticamente ovattato un evento di oggettiva portata storica: dal 23 marzo 1861, giorno della nomina di Camillo Benso conte di Cavour, non era mai successo che una donna arrivasse alla carica di presidente del Consiglio dei ministri, prima del Regno d'Italia e poi della Repubblica italiana. Altri grandi Paesi dell'Occidente ci erano arrivati in largo anticipo, come Israele con Golda Meir nel 1969 e la Gran Bretagna con Margaret Thatcher nel 1979, in entrambi i casi - e come più tardi in quello della Meloni - senza ricorso a quote rosa, doppia preferenza, schwa o asterischi oppure l'"arma totale" della rimozione dell'articolo determinativo davanti al cognome.
Per qualche attimo, nel momento storico interpretato, la Meloni è parsa visibilmente emozionata ("Questa cosa sotto - ha detto a Draghi, riferendosi al picchetto d'onore delle Forze Armate - è un po' impattante emotivamente"), prima di raggiungere la sala con il tavolo circolare dove si è tenuta la prima riunione del nuovo governo.
Tra i primi atti, la nomina di Antonio Tajani (Esteri) e Matteo Salvini (Infrastrutture) a vicepresidenti del Consiglio. Via libera anche agli incarichi per i 9 ministri senza portafoglio. Il Cdm ha anche nominato Alfredo Mantovano sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e segretario del Cdm.
Ma la sorpresa del primo CdM guidato dalla Meloni è una conferma. Roberto Cingolani, dal 2015 al 2019 a Genova come direttore scientifico IIT e quindi ministro per la Transizione Ecologica nel governo Draghi, resta a Palazzo Chigi come consulente per l'energia. "Il mio ruolo - spiega lo scienziato all'Adnkronos - è stato concordato con Draghi e la Meloni: occorre terminare il lavoro sul price cap e sul rigassificatore. Sarò consigliere della Meloni in materia energetica. C'è da finire tutto il lavoro sul tetto al prezzo del gas, che è stato sì approvato, ma ora bisogna lavorare su termini e condizioni. Il mio incarico non è retribuito, lo faccio con spirito costruttivo con l'obiettivo di superare l'inverno vista l'emergenza che ci troviamo a fronteggiare".